Per l’Umbria il 2021 è stato l’anno della ripartenza. Lo segnala l’Aur nel Rapporto economico sociale sull’anno passato. C’è stato un insperato balzo in avanti del turismo in estate, l’inizio dell’anno è coinciso con l’avvio della campagna vaccinale, che ha avuto successo permettendo di ridurre fortemente il virus e la pressione sugli ospedali ed evitando nuovi blocchi generalizzati di attività sociali ed economiche. A fine novembre, la popolazione vaccinata umbra era oltre l’85 per cento, più della media nazionale.
Sul fronte economico, le politiche pubbliche di sostegno hanno bilanciato il calo occupazione e l’indebolimento della struttura produttiva. Abbiamo avuto la moratoria straordinaria sui prestiti e il potenziamento dei fondi di garanzia che hanno sostenuto la liquidità delle imprese e ridotto i fallimenti. Le perdite di occupazione sono state contenute dall’estensione della cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti; sussidi o bonus hanno dato respiro ai lavoratori e alle famiglie. Si è ricostituito lo stock di imprese, è ripartita la domanda di lavoro. Gli aumenti dei redditi e gli accantonamenti di risparmio da parte della famiglie umbre fanno sperare in aumento dei consumi.
Con gli scambi commerciali ripresi a livello mondiale è risalito anche il fatturato esportato, mentre grandi sospiri di sollievo sono arrivati dal settore alloggio e ristorazione grazie a un’altra estate da tutto esaurito.
L’indagine della Banca d’Italia ci dice che sette aziende umbre su dieci – da gennaio a ottobre 201 – hanno avuto un aumento del fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Più della metà prevede che nell’anno in corso le vendite supereranno il totale dell’anno prima della pandemia. I recuperi maggiori di fatturato hanno riguardato abbigliamento, metalli, meccanica e alimentare. Anche l’Umbria potrebbe riscontrare il problema dell’approvvigionamento nelle catene di produzione globale: più di due terzi delle aziende hanno avuto infatti difficoltà nel reperire materie prime e beni intermedi a causa degli aumenti dei prezzi dell’energia e degli oneri per i trasporti. Le aziende hanno comunicato slittamenti nelle consegne e una riduzione dei margini di profitto.
Sono stati rispettati i piani di investimento decisi a inizio anno, un quarto delle imprese ha pure incrementato la spesa che aveva preventivato. Gran recupero da parte del settore delle costruzioni grazie agli incentivi pubblici e all’accelerazione dell’attività di ricostruzione post terremoto. C’è stata una forte ripresa del mercato immobiliare.
I servizi non finanziari, nei primi tre trimestri del 2021, ha registrato un aumento diffuso delle vendite, in particolare alberghiero e commercio non alimentare; un quarto delle imprese ha però registrato un calo. È migliorato il clima di fiducia delle famiglie, di conseguenza anche la domanda di credito per l’acquisto di case e per il finanziamento di consumi. L’Umbria, poi, si prepara a beneficiare dei soldi che arriveranno dall’avvio del nuovo periodo di programmazione europea 2021-2027 e dalle ricadute territoriali dei progetti previsti dal Pnrr.
Svimez parla di una crescita per l’Umbria del 5,7 per cento nel 2021, più contenuta dunque anche di alcune regioni del Sud; Prometeia del 6,1 per cento e questo collocherebbe l’Umbria tra le regioni migliori. Nel 2022, però, entrambi predicono un rallentamento della regione, anche più che l’Italia.
Vediamo ora la demografia delle imprese. Il clima di aumentata fiducia del tessuto imprenditoriale italiano, confermato dalla ripresa della natalità delle imprese, sta interessando anche l’Umbria ove, già a partire dal IV trimestre 2020, le iscrizioni erano tornate a salire, lasciandosi alle spalle l’infausto periodo dell’anno pandemico (aprile-settembre 2020). Secondo gli ultimi dati disponibili, tra luglio e settembre 2021 le aperture in Umbria hanno interessato 787 imprese, in flessione rispetto alle 1.265 del trimestre precedente, quando si era tornati ai livelli pre-Covid. Le cessazioni, che avevano raggiunto il loro massimo nel I trimestre degli anni 2020 e 2021, continuano a scendere, passando dalle 650 del II trimestre 2021 alle 586 di quello successivo. Un dato, questo, che va letto in associazione alla presenza delle misure di sostegno messe in atto dal governo, che hanno contribuito ad attenuare le cessazioni di attività. L’esito di questi fenomeni è stato il seguente: a settembre 2021 risultavano attive in Umbria 80.307 imprese, il valore più alto registrato a partire dal II trimestre 2019. Dal punto di vista dello stock delle attività in essere sul mercato, l’Umbria ha dunque recuperato, superandoli, i livelli pre-Covid, tuttavia la ripresa del numero di imprese attive a partire dal II trimestre 2021 si mantiene su tassi più contenuti di quelli italiani (+0,13 per cento dal II al III trimestre rispetto allo 0,32 per cento nazionale).
Hanno risentito maggiormente della crisi le attività di trasporto e di magazzinaggio, la manifattura e le attività commerciali. In crescita tendenziale e congiunturale le registrazioni di imprese del settore dell’alloggio e della ristorazione, così come quelle delle costruzioni. Ancora più dinamica l’espansione negli altri settori del terziario.
In Umbria nei primi dieci mesi del 2021 sono stati creati oltre 6.700 posti di lavoro, il 30,3 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2019, a fronte del 46,6 per cento su base nazionale. Il mercato evidenzia un segnale inequivocabile: la crescita delle assunzioni al netto delle cessazioni è attribuibile esclusivamente ai contratti a termine, che hanno più che coperto i cali occorsi sul fronte soprattutto dei tempi indeterminati. Le assunzioni nette dei tempi indeterminati in Umbria praticamente si dimezzano, e in Italia diminuiscono del 44,4 per cento: l’effetto positivo sui saldi dovuto al blocco dei licenziamenti per motivi economici fino al 30 giugno 2021 è stato fortemente controbilanciato dall’estrema debolezza delle assunzioni e delle trasformazioni a tempo indeterminato. Continuano a diminuire i contratti di apprendistato. Pertanto, se l’anno dello scoppio della pandemia aveva penalizzato i tempi determinati e l’apprendistato, la ripresa del mercato del lavoro nei primi dieci mesi del 2021 si basa in forte prevalenza proprio sull’attivazione di contratti a termine, segno che il mercato si sta muovendo ancora con cautela.
Il settore maggiormente colpito, sia in Umbria che in Italia, è di gran lunga il Turismo, che avrebbe perso oltre un quarto degli addetti, seguito dall’Agricoltura (-7,8 per cento in Umbria, -11,3 per cento in Italia). L’unico comparto in crescita ovunque è quello delle Costruzioni, mentre la regione mostra una controtendenza positiva, ancorché limitata, nel Commercio e nei Trasporti. Accomuna i livelli regionale e nazionale la concentrazione del calo occupazionale nelle microimprese al di sotto dei 10 addetti, mentre le medie e le grandi si irrobustiscono.