Alessandria: vendemmia partita, ci sarà calo del 15-20 per cento

Vigneti a Barbaresco in Piemonte in una foto d'archivio senza data, 22 Giugno 2014. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

È cominciata anche nel territorio di Alessandria, in Piemonte, la vendemmia 2021, con alcuni giorni di ritardo rispetto all’anno passato. Qui si producono Chardonnay, Pinot Nero, Moscato, Cortese, Timorasso, Brachetto, Arneis e, successivamente, Dolcetto, Nebbiolo, Grignolino e Barbera. La quantità è nella media, con un calo rispetto al 2020 del 15-20 per cento a causa delle gelate di aprile, in particolare nel fondovalle.

L’Italia, nonostante un calo rispetto a dodici mesi fa, si conferma primo produttore mondiale. Il presidente di Coldiretti Alessandria, Mauro Bianco, dice: “Auspichiamo che il clima possa portare delle piogge regolari nei prossimi giorni per evitare carenze idriche, soprattutto nei terreni più sabbiosi, anche perché il forte caldo può far scottare i grappoli. Sul lato consumi, ci sono buone prospettive di ripresa con le riaperture delle attività ristorative e dell’export. L’elemento che caratterizza maggiormente la nuova stagione del vino è l’attenzione verso la sostenibilità ambientale, le politiche di marketing, anche attraverso l’utilizzo dei social, e il rapporto con i consumatori, con i giovani vignaioli che prendono in mano le redini delle aziende imprimendo una svolta innovatrice”.

Il 70 per cento delle imprese giovani opera in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione e vendita aziendale del vino all’enoturismo e alla vinoterapia. Opportunità resa possibile dalla legge di orientamento per l’agricoltura (numero 228 /2001), fortemente voluta dalla Coldiretti.

“Il sistema vitivinicolo, nonostante il difficile periodo del lockdown che ha messo a dura prova l’intero settore, ne esce con una visione complessiva nuova e propositiva mentre è ancora ferma al palo la vicenda-voucher, un problema che diventa prioritario in tempo di vendemmia, per snellire la burocrazia e per garantire nuovi posti di lavoro – ha aggiunto il direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – È fondamentale per le imprese ridurre i costi e assicurare al settore uno strumento che semplifichi, sia agile e flessibile, rispondendo soprattutto ad un criterio di tempestiva disponibilità all’impiego e sia capace di garantire forme di integrazione del reddito alle categorie più deboli in un momento in cui ne hanno particolarmente bisogno”.

La provincia alessandrina vanta 12 Doc e 7 Docg: la produzione tricolore può contare su 607 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia.

A livello regionale, con la vendemmia si attiva un sistema che impiega almeno 42 mila addetti in Piemonte offrendo opportunità di lavoro direttamente in vigna, in cantina e nella distribuzione commerciale. Il vitivinicolo piemontese conta 14 mila imprese, 43 mila ettari di superficie vitata ed attrae tanti giovani imprenditori.

“A preoccupare sono anche le nuove politiche europee come la proposta di mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiare il consumo o anche il via libera dell’Unione Europea a nuove pratiche enologiche come la dealcolazione parziale e totale che rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo permettendo di chiamare ancora vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di un trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Particolarmente grave è la decisione di considerare i vini de-alcolati e parzialmente de-alcolati come prodotti vitivinicoli e di consentire tale pratica anche per i vini a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta”, hanno concluso Bianco e Rampazzo.

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