Filcams, Fisascat e Uiltucs Marche: dalla parte degli stagionali del turismo

Gli stagionali del turismo sono sotto attacco dalle associazioni datoriali di categoria, che parlano di mancanza di personale disponibile a lavorare. Le segreterie unitarie marchigiane di Filcams, Fisascat e Uiltucs sono al fianco dei lavoratori, troppo spesso vittime della mancata o scorretta applicazione dei contratti nazionali di categoria.

“Quella che dipinge i lavoratori del turismo quali soggetti volti a evitare il lavoro, preferendo altre forme di sostentamento, è una falsa e pericolosa narrazione” dicono i sindacati. Si tratta di una “misera’ e “triste” strumentalizzazione nei confronti di una categoria che ha pagato a carissimo prezzo la pandemia, in un settore con una illegalità diffusa. Vengono disconosciute “professionalità e competenze degli addetti del settore, che meritano al contrari il giusto riconoscimento, nel rispetto di quanto previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva, e senza contrapposizioni strumentali tra diverse categorie di lavoratori e differenti professionalità”.

Anche nelle Marche, fanno sapere i sindacati, i turni di lavoro nel comparto della ristorazione e dell’alberghiero sono “massacranti”: 7 giorni su 7, senza giorno di riposo. C’è poi la piaga del lavoro in nero con soglie che superano, a livello nazionale, il 70 per cento con ricadute su tutele, garanzie, diritti, legalità, salute e sicurezza di lavoratori e lavoratrici.

Secondo i dati Inps del 2019, nel settore del turismo delle Marche ci sono 48.413 lavoratori dipendenti occupati, dei quali 20.357 con contratto a tempo determinato e 9.312 con contratto stagionale: il totale è del 61 per cento. Le retribuzioni medie lorde annue sono di 7.758 euro. Per i lavoratori stagionali si scende a 5.146 euro. Chi ha un contratto a lavoro determinato percepisce ancora meno: 4.410 euro. La pandemia può aver ulteriormente abbassato queste cifre.

“Alla luce di questi dati, com’è possibile pensare che le persone, dopo oltre un anno a casa, dovrebbero essere disposte ad accettare qualsiasi lavoro, magari anche in nero, sottopagato, senza riposi e in condizioni insostenibili, senza regole né tutele? Chi lavora deve avere un minimo di buone ragioni per lavorare, cioè essere trattato come un essere umano nel rispetto della dignità umana e lavorativa, avere un contratto regolare, percepire una paga adeguata, vedersi riconosciuti i diritti essenziali, come il riposo settimanale, senza dover elemosinare ciò che di diritto spetta”.

In caso di gestione esternalizzata o appaltata, devono essere garantite pari condizioni, pari contratto, pari diritti: “Non devono esistere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B”.

Chiudono i sindacati: “Necessario pervenire a un nuovo modello di turismo, basato sulla buona occupazione, sostenibile e inclusivo, caratterizzato in primi luogo da un lavoro stabile, regolare e dignitoso”. Alle associazioni di categoria viene richiesto di mettere nero su bianco un protocollo di intesa “che certifichi, per le aziende che lo sottoscrivono, il rispetto dei contratti di lavoro e delle norme di sicurezza: un bollino etico per contrastare l’illegalità diffusa e attraverso il quale anche clienti e turismi potranno operare una scelta più consapevole”.

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