Commercialisti: 371.500 imprese non fallibili rischiano difficoltà economiche nel 2022

MASSIMO MIANI PRESIDENTE CONSIGLIO NAZIONALE COMMERCIALISTI

Sono circa 371.500 le imprese non fallibili, il 29,3 per cento del totale, che potrebbero trovarsi in difficoltà economica nel corso del 2022. Sono piccole imprese che offrono lavoro a 445 mila dipendenti. La stima è della Fondazione nazionale dei commercialisti, sulla base di un sondaggio effettuato su un campione significativo di iscritti alla categoria professionale. I commercialisti stimano anche i soggetti non fallibili in attività fatta eccezione per i professionisti e gli enti non commerciali: sono circa 1.27 milioni, a cui fanno riferimento più di un milione e mezzo di addetti.

Dal sondaggio viene fuori l’importanza dell’effetto ‘bolla’ da parte dello Stato: se da un lato non si è ancora rilevata un’esplosione di insolvenze ambientali, dall’altro – considerato il valore temporaneo degli interventi pubblici – è molto probabile che ci sia un aumento del rischio di solvibilità in relazione alla progressiva riduzione degli aiuti economici. Molte imprese, infatti, erano in stato di crisi già prima della pandemia.

A poco più di un anno dall’inizio della pandemia, solo poche imprese non fallibili hanno cessato l’attività, pochissime hanno fatto ricorso a procedure di sovraindebitamento o a soluzioni stragiudiziali. Molte quelle che hanno rinegoziato il canone d’affitto o che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, o che hanno subito un calo netto del fatturato e che hanno richiesto prestiti garantiti. Più del 25 per cento delle imprese clienti degli intervistati ha avuto un contraccolpo negativo dalla pandemia; tra queste, calo di fatturato superiore al 30 per cento nel 2020 al primo posto, a seguire ricorso a prestiti garantiti dallo Stato e ricorso agli ammortizzatori sociali (60 per cento in percentuale). Più basso il numero di chi ha avuto la rinegoziazione del canone di locazione.

Chi ha subito una perdita di fatturato superiore al 30 per cento è pari al 61,7 per cento. Per il 46,8 per cento, invece, più di un’impresa su quattro è in stato di grave difficoltà economica. Per il 46,6 per cento, più di un’impresa su quattro tra le loro clienti nel 2022 si troverà ancora in uno stato di grave difficoltà economica. I dati non sono omogenei nelle varie zone d’Italia. Chi dichiara un calo di fatturato è pari al 57,2 per cento al Centro-nord, al 70,5 per cento al Sud. Per il 46,8 per cento del campione, la situazione patrimoniale, economico e finanziaria attuale delle imprese non fallibili è definita ‘grave’ per il 25 per cento e oltre della clientela. La percentuale scende al 39,5 per cento al Centro-Nord e sale invece al 61,7 per cento al Sud.

Interrogati, invece, sulla possibilità che le imprese non fallibili loro clienti debbano far ricorso al sovraindebitamento e risultino, quindi, insolventi entro la fine dell’anno, l’8,8% dichiara il 25% e oltre. Percentuale, questa che sale al 13,1% nel Sud contro il 6,5% nel Centro-nord. La stessa percentuale risulta pari al 46,6% laddove il campione viene interrogato sullo stato di difficoltà economica atteso per il prossimo anno (42,2% nel Centro-nord e 56% nel Sud).

“Il sondaggio – commenta Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti – mostra come, sebbene attualmente la situazione di difficoltà sia ancora sotto controllo, una prima, ancora abbastanza contenuta, ondata di insolvenze potrebbe generarsi nella seconda metà del 2021, per poi dilagare nel corso del 2022 e negli anni seguenti. Quando la “bolla” degli aiuti governativi esploderà la situazione potrebbe degenerare con conseguenze economicamente disastrose”. Miani ricorda come nell’ultimo anno il Consiglio Nazionale dei Commercialisti abbia “profuso grande impegno per instaurare una collaborazione sinergica con le istituzioni volta a sostenere le difficoltà economiche e finanziarie anche dei piccoli imprenditori e a offrire loro soluzioni utili per affrontare la crisi prima che questa diventi irreversibile”.

Valeria Giancola, consigliere nazionale della categoria delegata al sovraindebitamento, sottolinea come dal sondaggio emerga anche “la necessità di insistere nell’attività di promozione, conoscenza e diffusione delle potenzialità, in termini di esdebitazione, che la legge n. 3/2012 può offrire ai soggetti in stato di sovraindebitamento tramite l’ausilio degli Organismi di composizione della crisi. L’accesso agli istituti di composizione della crisi presso gli OCC costituiti negli Ordini locali dei commercialisti, dimostrano, infatti, un utilizzo contenuto di tali procedure durante la fase pandemica. Bisogna promuovere la conoscenza di questi istituti e degli aiuti antiracket e antiusura per sbarrare la strada alla criminalità organizzata e risolvere la crisi di cittadini, piccole aziende e professionisti”. “I procedimenti destinati a risolvere le crisi dei soggetti non fallibili devono essere considerati come un’importante risorsa per la ripartenza del Paese ed è necessario lavorare affinché gli istituti previsti dalla normativa sul sovraindebitamento vengano fortemente semplificati per favorirne il concreto utilizzo”, conclude Giancola.

Per imprese non fallibili si intendono le imprese agricole e commerciali che non sono soggette alle disposizioni sul fallimenti. Non sono soggetti alle disposizioni del fallimento e al concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, i quali dimostrino il possesso di questi requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila.
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

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