Pensioni: che succederà dopo la fine di Quota 100

A fine anno saluteremo la Quota 100. E poi? Maggioranza, Inps e sindacati spingono per l’uscita dal mondo del lavoro a 62 anni. Ma non mancato i veti incrociati. Come scrive il Sole24Ore, infatti, i sindacati hanno già dato parere negativo alla proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che aveva ipotizzato, in un percorso flessibile, una pensione in due tranche per chi è in possesso di almeno 20 anni di contributi. La prima solo contributiva al compimento del 62-63esimo anno d’età, la seconda retributiva (per chi l’avesse maturata) ai 67 anni d’età. Per i sindacati, si tratta di una proposta troppo penalizzante. “La proposta del presidente dell’Inps di corrispondere la pensione in due tranche, a 62 anni la quota contributiva e a 67 quella retributiva, è estemporanea e fuori da ogni realtà. E’ un esercizio di fantasia sulle spalle dei futuri pensionati e sarebbe l’ennesima ingiustizia inflitta ai lavoratori italiani“.

Cgil, Cisl e Uil chiedono l’estensione della flessibilità nell’accesso alla pensione, permettendo a lavoratori e lavoratrici di poter scegliere quando andare in pensioni, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, dai 62 anni di età o con 41 di contributi a prescindere dall’età, facendo così cadere vincoli e penalizzazioni.

Tutto rischia però di venire vanificato dai costi. Come scrive sempre il quotidiano economico, nel Def viene rilevato come la spesa previdenziale, anche per le ricadute di Quota 100, rimanga elevata. “Anche senza nuove deroghe o correzioni alla legge Fornero, le uscite previdenziali tornerebbero a correre e già dal 2026 andando a raggiungere nel 2036 un picco di spesa del 17,4 per cento del Pil”. Cosa che andrebbe contro le raccomandazioni dell’Unione Europea, che chiede invece la sostenibilità nel medio periodo del nostro sistema previdenziale.

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