Smart city: Intelligenza artificiale alleata dei prossimi anni

Oggi il 55 per cento della popolazione abita in città, vale a dire 4,2 miliardi di persone, mentre il 2 per cento del pianeta è occupato da spazi urbani, che generano però l’80 per cento del Pil e sono responsabili del 70 per cento delle emissioni. I numeri arrivano da Adriano Bisello, ricercatore specializzato in smart city ed energia di Eurac Research, ente di ricerca privato a vocazione europeista.

Il fenomeno delle città è in continua espansione, nel 2050 due terzi della popolazione vivrà in queste zone. “La città è il più grande problema e la più grande risorsa della contemporaneità. È un enorme stock edilizio, cresciuto anche in maniera disordinata e quindi anche con grandi margini di miglioramento. La città del futuro è una città di progetti di innovazione. Un esempio virtuoso è il progetto Stardust, partito nel 2017, che nei prossimi cinque anni porterà Trento a diventare un modello europeo di città smart, altamente efficiente e intelligente grazie all’implementazione di nuove tecnologie e orientata ai bisogni dei cittadini”. L’intelligenza artificiale sarà la grande alleata dei prossimi anni. Lo dice Daniele Russolillo, Coo e Deputy Ceo di Planet Holding Ltd, capogruppo londinese di Planet Start City, gruppo specializzato nell’edilizia abitativa smart che progetta e sviluppa distretti sostenibili a prezzi accessibili nei Paesi a più alto deficit abitativo o nelle aree da riqualificare.

“Grazie all’IA si può creare una sinergia tra le conoscenze e una interdisciplinarità funzionale. L’obiettivo principale deve essere quello di disaccoppiare crescita economica (80% PIL) e impatto ambientale (70%). Questa è la grande sfida che solo il paradigma smart city può vincere. Pensiamo la città smart come un organismo a tre strati: la base, fatta di infrastrutture di tipo tradizionale o smart, un livello intermedio dove la piattaforma urbana è il luogo di raccolta, analisi e restituzione dei dati, e l’ultimo stadio, quello dei servizi smart. Solo il 30% delle 85 maggiori città europee si avvicina oggi allo strato centrale di questa struttura, c’è quindi ancora molto da poter fare”.

Stefano Landi, Managing Director Smart Communities – IoT Verizon, aggiunge: “Non parliamo solo di smart city, ma di smart community, non solo città, quindi, ma anche di strutture molto diverse come stadi, aeroporti e altro. Le principali aree di intervento quando si parla di smart city o di smart community sono quelle della sostenibilità e dell’efficienza energetica, della sicurezza e dei trasporti smart: ci focalizziamo su questi dipartimenti ben specifici per introdurre soluzioni end-to-end di concreto supporto ai problemi delle città. Dall’inizio della nostra attività abbiamo capito che le videocamere erano uno dei sensori più rilevanti per fornire alla città informazioni finalizzate anche a prendere decisioni significative. Abbiamo subito compreso anche l’importanza di avere numerosi ingegneri interni specializzati in computer science e computer analytics, in grado quindi di ottimizzare in continuazione gli algoritmi per essere molto flessibili e responsive nella risoluzione di problemi specifici. Non possiamo parlare di smart cities senza citare l’importanza del 5G: core business di Verizon, che ha investito 66 miliardi negli ultimi anni in infrastrutture 5G. O anche delle PPP Public Private Partnerships. Oggi non c’è sindaco che non vorrebbe una città smart, il problema sono sempre i finanziamenti. Il 70% dei progetti che abbiamo concluso sono stati realizzati grazie alle PPP. Ricordo, infine, che quello delle smart city è un settore in enorme espansione non solo nel privato ma anche nel pubblico. Stanno nascendo nuove figure, come quelle dello Smart City Lead, che aiuta le città capire cosa significa essere smart e che ha funzioni di coordinamento tra i diversi dipartimenti/silos che necessitano di un approccio di gestione olistico. Per chi cerca lavoro si aprono importanti opportunità”.

Fabrizio Dughiero, prorettore al trasferimento tecnologico e ai rapporti con le imprese dell’Università di Padova, ha incentrato il suo intervento proprio sul ruolo degli Atenei: “L’intelligenza novecentesca, basata su silos di competenze e di conoscenze specialistiche, non è più sufficiente oggi per formare i lavoratori e i cittadini di domani. Nel futuro, sono convinto, ci sarà più spazio per la creatività che per la conoscenza. Questa si troverà dappertutto, la creatività invece sarà una competenza fondamentale (e non una dote innata come si crede) che sarà possibile apprendere attraverso la contaminazione dei saperi. Oltre a una formazione trasversale di questo tipo, l’università può dare anche un contributo a livello di sperimentazione. Ad esempio, a Padova, abbiamo dato vita a un bilancio della sostenibilità, con cui analizziamo come la mobilità influenza il benessere interno al nostro ateneo ma anche esterno, di tutti i cittadini. Efficienza energetica, IOT e intelligenza artificiale saranno i temi dei prossimi anni. Che debbono compenetrarsi, mescolarsi. Non può esserci efficienza senza monitoraggio e rielaborazione dei dati. C’è tantissimo da fare per i nostri edifici. Tutto questo fa parte di un approccio diverso delle università verso il territorio: all’interno del suo ecosistema l’università deve essere un luogo a servizio di tutti, cittadini e aziende. La conoscenza generata all’interno deve essere a disposizione della società e delle imprese, per contribuire alla creazione di nuove città e nuovi cittadini”.

Giovanni Baldassarri, presidente dell’stituto EuropIA.it, associazione senza scopo di lucro nata in Francia e presente da poco in Italia con l’obiettivo di unire i principali stakeholder operanti nel settore dell’Intelligenza Artificiale, ha spiegato: “L’Italia vanta numerose eccellenze nell’ambito della ricerca, dello sviluppo e della commercializzazione dell’Intelligenza Artificiale. Si tratta spesso, però, di piccole realtà poco connesse tra di loro, cosa che impedisce al settore dell’IA di raggiungere la massa critica necessaria non solo per competere a livello internazionale, ma anche per rendere gli imprenditori, i ricercatori e gli studenti consapevoli di cosa sia l’Intelligenza Artificiale e del perché possa essere un tema di loro interesse”.

“Per rendere l’Italia – e a tendere l’Europa – un territorio competitivo per lo sviluppo e la diffusione di queste nuove tecnologie, abbiamo deciso di unire tutti i principali stakeholder dell’IA, dalle aziende alle Università, in un’unica associazione: l’Istituto EuropIA.it”. . Baldassarri pone l’accento sulla necessità di un approccio etico all’IA, incentrato sulle reali esigenze degli esseri umani. Non una sostituzione delle capacità umane, ma un porsi in esaltazione delle caratteristiche distintive che nobilitano davvero il lavoro dell’uomo. Tra gli obiettivi dell’Istituto, anche quello di far leva sui professionisti coinvolti per chiedere loro cosa si aspettano dal Governo per rendere l’Italia un paese competitivo nel settore. Oltre alla presenza in Francia, EuropIA sta aprendo una sede a Bruxelles per essere vicina al Parlamento Europeo. L’iniziativa si sta configurando come un vero e proprio progetto europeo, finalizzato a rendere l’Europa un centro strategico nel campo dell’IA.

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