“Noi chiediamo di lavorare, in sicurezza, perché sappiamo bene anche noi che la salute è il bene primario di tutti”. Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino e di Confesercenti Piemonte, specifica così quello che oggi pomeriggio – durante la manifestazione di Fiepet Confesercenti, i pubblici esercizi chiederanno al prefetto, e quindi al Governo.
L’altra richiesta che sarà messa sul tavolo è “l’abbassamento dei costi strutturali, già dal 2021, perché così non ce la facciamo. Tra questi costi c’è sicuramente quello del personale. Pochi ne tengono conto, ma non c’è solo la chiusura del ristorante e del bar a incidere sul fatturato, ma anche i costi fissi: il pizzaiolo va pagato uguale se entrano 10 o 50 clienti”.
La situazione è critica: “A Torino siamo chiusi dal 26 ottobre, forse apriremo il 13 dicembre a pranzo, mentre per la cena non si sa. Tantissimi locali sono solo serali e, in ogni caso, il pranzo è un po’ più povero della cena: nella pausa dal lavoro spendi di meno, ci sono i buoni pasto. Una riapertura a pranzo non toglie i problemi. E stiamo parlando di un settore importantissimo: solo a Torino città ci sono circa 6 mila attività di somministrazione con 15-20 mila dipendenti. Non stiamo discutendo di un comparto marginale”.
Altra nota dolente sono i ristori: “A parte che non sono ancora arrivati a tutti, ma un conto è ristorare un mese di chiusura, un altro mesi e messi. Nessuno di buon senso può pensare che la cifra ristorata sia sufficiente. Non possiamo andare avanti così, e neanche i nostri dipendenti che, con la cassa integrazione, non ce la fanno. Hanno una famiglia da mantenere, l’affitto, e se stai in queste condizioni per sei mesi l’anno, non puoi farcela”.
Banchieri prosegue: “Le grandi società di ristorazione hanno margini di guadagno, quando ce l’hanno, ridottissimi perché i costi sono altissimi. Si stanno dunque indebitando per non fallire, non come capita solitamente per investire. Siamo indebitati con lo Stato, con le banche, con i fornitori. Quando dovremo onorare questi debiti, con margini così bassi, chi sopravviverà ce la farà? Come già detto, nei prossimi anni dovremo abbassare strutturalmente i costi”.
Neanche la possibilità di apertura a pranzo per Natale, Santo Stefano e Capodanno regala spiragli di luce: “Se ho capito bene, nelle zone rosse e arancioni non si potrà aprire comunque. Queste concessioni vanno bene, ma io non mi concentrerei su uno o due giorni. Preferirei stare chiuso a Natale, ma stare aperto tutti gli altri giorni. Non si salva l’economia del settore in questo modo. Non scordiamo che pizzerie, bar, cocktail bar e pub neanche lo fanno il pranzo di Natale. Solo lavorando con continuità puoi avere delle aspettative”.
I costi, batte forte su questo tasto il numero di Confesercenti Piemonte: “La maggior parte delle tasse sono solo rimandate, ma prima o poi la rate bisognerà pagarle. Adesso ci sono anche le tredicesime. I Ristori coprono sono una piccola parte. Gli affitti vanno pagati, le bollette arrivano anche se il locale è chiuso. Spero che la gente sia cosciente di tutto questo. Ci stiamo mettendo una zavorra sulla schiena. Non siamo gli unici in questa condizione, ma siamo tra io pochi perché tante altre attività in questo autunno hanno continuato a produrre e a lavorare. Ecco perché per noi serve un intervento speciale”.
Fortissime le perdite delle aziende: “Parliamo di un novanta per cento in meno di fatturato. Nelle zone rosse abbiamo potuto fare solo asporto e delivery, ma tanti non lo fanno neanche. Quando eravamo aperti, è stato soprattutto il centro storico di Torino a patire per via dello smart working. Dopo la chiusura totale, la situazione si è omogeneizzata in tutto il Piemonte”.
Chiude Banchieri: “Il problema è la durata di questo lockdown: è incompatibile con la sopravvivenza delle aziende. Senza aiuti strutturali, ma anche immediati, arrivare in primavera per molte imprese sarà davvero un’impresa. Non si può star chiusi sei mesi su dodici e resistere”.