Confesercenti: “Con negozi chiusi, si avvantaggia troppo il web”

Il commercio soffre la seconda ondata di covid 19. Secondo Confesercenti, infatti, hanno chiuso più di 190 mila imprese: “Se continua così fino a Natale, il web sottrarrà ai negozi oltre 4 miliardi di euro di vendite, servono regole per riequilibrare la concorrenza”.

In una nota, l’associazione afferma: “Altro che Black Friday: novembre e dicembre rischiano di essere dei mesi ‘neri’ per il commercio. La seconda ondata ha infatti ‘chiuso’ del tutto oltre 190mila negozi nelle regioni rosse, a cui si aggiungono altre 68 mila attività in Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna cui è stato imposto lo stop di domenica e almeno altri 50mila negozi nelle gallerie commerciali per cui il divieto di apertura, invece, si estende a tutto il weekend”.

Confesercenti si unisce all’appello lanciato in Francia, ‘Per un Natale senza Amazon’, che vede la partecipazione di politici, persone della cultura, associazioni ambientaliste e consumatori. Con questa iniziativa, migliaia di consumatori si impegnano a non comprare regali di Natale sulla piattaforma, privilegiando i negozi locali dei centri storici e non solo. Confesercenti, pur senza puntare il dito apertamente contro Amazon, invita ad acquistare nei negozi fisici, aiutandoli in un momento di grande difficoltà.

“La chiusura di massa rende impossibile ai negozi partecipare ai vari Black Friday e Black Weekend, con vantaggio enorme per l’online: a causa delle restrizioni nei canali di vendita fisici, in occasione della promozione circa 700 milioni di euro verranno travasati dai negozi reali a quelli sul web. Inoltre, se le restrizioni dovessero continuare fino alla fine dell’anno, il web potrebbe strappare ai negozi regali fino a ulteriori 3,5 miliardi di euro di spesa dei consumatori per i regali e per l’acquisto di beni per la casa e la famiglia”.

Chi soffre particolarmente sono i negozi di abbigliamenti, calzature e accessori: le restrizioni hanno chiuso 58 mila imprese su 135 mila, imponendo ad altri 40 mila regole rigide. “Uno stop che non permette alle imprese di competere, nonostante i prodotti di moda siano tra quelli tradizionalmente più richiesti in occasione del Black Friday e del Natale”.

Scrive ancora Confesercenti: “Gli ultimi Dpcm hanno portato restrizioni per centinaia di migliaia di negozi, e anche chi può rimanere aperto soffre il crollo dei consumi innescato dalla seconda ondata. Una situazione di difficoltà ulteriormente aggravata dalla sperequazione di condizioni tra negozi reali e online: mentre i primi sono chiusi d’ufficio da governo e regioni, il canale delle vendite web di fatto agisce ed opera in condizioni di monopolio, trasferendo inoltre all’estero una parte importante della ricchezza generata dagli acquisti online”.

“Sia chiaro – prosegue nella sua analisi Confesercenti – l’e-commerce è un canale di vendita importante anche per le imprese di ‘vicinato’ che sempre di più, in particolare dopo il lockdown, hanno iniziato ad utilizzare le forme di commercio digitali. Ma che sono ancora lontane dall’avere quote di mercato paragonabili a quelle delle grandi piattaforme online: i primi venti siti web del commercio elettronico italiano totalizzano il 71% del totale delle vendite, e i primi 200 il 95%. Non solo: chi vende online, oltre a godere spesso – nel caso di piattaforme internazionali – di un fisco decisamente più leggero di quello del retail fisico, ha a disposizione anche ingenti risorse per la promozione. Non a caso le più importanti piattaforme di vendita sul web hanno avviato gli sconti del Black Friday già da fine ottobre, a quasi un mese di distanza dalla ricorrenza”.

“Il rischio è che il commercio, un settore già in crisi da circa un decennio, venga definitivamente condannato a morte, portando al collasso le attività che hanno reso famose e invidiate le vie dello shopping delle città italiane. Il problema non è impedire le vendite online, ma la necessità non più differibile di garantire un mercato realmente concorrenziale, nel rispetto del pluralismo distributivo. A maggior ragione nella situazione attuale, che vede le imprese di vicinato chiuse per scelta amministrativa, con un’ulteriore alterazione delle condizioni a danno delle attività più deboli ed in difficoltà. Governo e Garante della Concorrenza – conclude Confesercenti – devono intervenire: siamo di fronte ad una distorsione gravissima della concorrenza, che dobbiamo correggere al più presto”.

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