Covid e Appalti Pubblici: battuta d’arresto in Italia

appalti pubblici

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L’impatto della pandemia si fa sentire anche nel settore degli appalti, rallentato e affaticato dopo la ripresa sperimentata nel triennio 2017-2019 (nel 2019 in Italia si sono registrati 153.802 CIG per procedure di affidamento di importo pari o superiore a 40mila €, in crescita rispetto ai 142.104 del 2018, per un valore complessivo, di appalti e concessioni, arrivato a toccare, secondo la rilevazione annuale dell’Anac, i 169,9 miliardi di euro).

Tra gennaio ed agosto 2020 a livello nazionale si registra, rispetto ai primi 8 mesi del 2019, un -17,3% di spesa appaltata e un -10,4% di gare. La spesa sanitaria però esplode arrivando a toccare ad agosto 2020 i 17,9 miliardi, rispetto ai 12,4 miliardi dell’anno precedente. Dunque gli appalti pubblici, che da sempre sono un motore di sviluppo economico grazie alla leva della domanda pubblica, diventano ancora più importanti in un quadro che sta vedendo cambiare profondamente il rapporto tra sistema pubblico e imprese, producendo cambiamenti inattesi di carattere organizzativo, culturale e sociale.

Le stazioni appaltanti e gli operatori economici sono pronti a queste sfide epocali? Alcuni dati interessanti al riguardo emergono da una ricerca di Sardegna Ricerche, ente regionale dell’innovazione nell’ambito del progetto Sportello Appalti Imprese, ideato per formare e orientare le aziende e le stazioni appaltanti nel mercato delle gare pubbliche.

Lo studio conferma la lentezza del ciclo dell’appalto: in Italia in media si impiegano 663 giorni per arrivare dall’affidamento della progettazione alla conclusione dei lavori (507 giorni in Emilia Romagna, la regione più efficiente, 706 in Lombardia, fino a quasi 1000 in Liguria) spesso a causa dei pesanti oneri burocratici che costringono i RUP a concentrarsi sulle pratiche amministrative piuttosto che sul perseguimento dell’obiettivo dell’appalto.

In questo contesto, le risorse finanziarie che l’Europa metterà a disposizione dei Paesi membri nei prossimi anni per far fronte all’emergenza causata dalla pandemia di Covid-19, saranno efficaci solo se si tradurranno in tempi brevi in gare di appalto, e se le gare d’appalto si tradurranno in progetti concreti con risultati costantemente misurabili.

L’esperienza dello Sportello Appalti in Sardegna dimostra che se si interviene con una grande azione di rafforzamento della capacità amministrativa da un lato e di formazione per le imprese che operano nel mercato PA si possono ottenere risultati eccezionali: In Sardegna ad esempio si registra un consolidamento della capacità delle imprese sarde di aggiudicarsi gli appalti di lavori. La quota di gare aggiudicate alle imprese locali nel settore dei lavori è infatti dell’80%, cresciuta di ben 7 punti percentuali rispetto al 2018,mentre a livello nazionale sono circa il 60% le imprese che si aggiudicano gare all’interno della regione ove hanno sede.
In secondo luogo le imprese che fanno parte della community dello Sportello Appalti hanno partecipato a più gare nell’ultimo triennio (in particolare 31,5 appalti in media nel triennio – circa 10 ogni anno – contro i 24,9 (8 l’anno) di chi non ne fa parte. Questo probabilmente grazie al supporto ricevuto che le ha rese più sicure e in grado di superare quelle barriere all’ingresso descritte nei capitoli precedenti.

Infine la Sardegna ha potuto misurare dati eccezionali nella regione rispetto all’utilizzo dei mercati elettronici, che nell’ultimo decennio hanno trasformato, non solo nell’Isola, il sistema degli appalti pubblici: l’investimento in consulenza e formazione specifica ha visto diventare le stazioni appaltanti più competenti e più competitive nel giro di poco tempo: nel primo semestre 2020 secondo Consip sono 10.592 i contratti siglati nell’isola, per un valore di 377 milioni di €, con 3.990 fornitori e 618 PA abilitate. Con 357 € a persona nel 2019, l’ordinato medio da parte delle SA sarde presso Consip è tra i più alti del Paese: anche questo, indicativo dei buoni risultati che potrebbe portare l’esportazione di un modello di capacity building su scala nazionale, cosi da migliorare i processi di spesa e sviluppare una capacità amministrativa comunitaria, replicabile e sostenibile nel tempo.

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