Toscana, Ires Cgil: i dati del terzo focus regionale

Senza blocco dei licenziamenti, in Toscana si rischiano di perdere 90 mila posti di lavoro alla fine del 2020. Un nuovo lockdown, invece, costerebbe alla regioni 2,4 punti di Prodotto interno lordo. A fine anno, il Pil toscano dovrebbe attestarsi sotto di 15 punti percentuali rispetto al dato del 2008, anno in cui è iniziata la crisi finanziaria; nel 2021, poi, potrebbe esserci un rimbalzo positivo, superiore alla media italiana e delle regioni del Centronord.

La zona della Toscana centrale risulta essere quella più colpita, con un -11,5 per cento di Pil; a seguire la costa, con -11,1 per cento, quindi il sud con -10,9 per cento. E ora, con la pandemia che è tornata fortissima, le perdite rischiano di allargarsi.

Questo è il quadro generale fornito dal terzo focus Ires 2020, presentato nella sede della Cgil Toscana di Firenze. Le prossime settimane dovranno servire per organizzare sanità, scuola e trasporti. Ma molto dipende dai Dpcm prossimi. Gianfranco Francese, presidente di Ires Toscana, dice: “Il Covid ha agito sull’economia toscana come un terremoto in grado di approfondire a dismisura le faglie di criticità già esistenti con previsioni che, malgrado qualche timido accenno di resilienza dell’economia regionale, portano a ipotizzare una spirale recessiva violenta nel 2020 con saldi negativi del 14,4% nell’industria, del 12,1% in edilizia e del 9,3% nei servizi. E’ del tutto evidente che questa situazione avrà conseguenze molto negative sull’occupazione, finora limitate dall’intervento degli ammortizzatori sociali, sopratutto con l’inizio del 2021”.

E ancora: “Un andamento dell’occupazione già condizionato negativamente dalle altalenanti vicende dell’export degli ultimi anni che, pur in un quadro di tenuta delle esportazioni in alcuni particolari settori, ora rischia di accusare una pesante decrescita nell’ordine del -13%. Gli interventi di sostegno al reddito hanno finora evitato ed eviteranno, finché agìti, il crollo di liquidità delle famiglie ma, in questo contesto, non si rafforzerà nessuna dinamica dei consumi attesi da un calo intorno al 12%. Così come un andamento negativo avrà il trend degli investimenti, che rappresentava già da tempo un punto dolente strutturale dell’economia toscana e che ora affonderà fino ad un -11,5%”.

Aggiunge Claudio Guggiari, segreteria della Cgil Toscana: “Pur nelle differenze territoriali che ci sono, la Toscana è accomunata dal fatto che si accentua una situazione non rosea che già si registrava in epoca pre Covid. Ciò si vede anche dalla sofferenza sugli investimenti sia pubblici che privati, dove già eravamo un po’ latenti e che invece potrebbero essere strumento di ripresa. Occorre rinforzare quei comparti produttivi che possono consegnarci elementi autoctoni di sviluppo, basati su conoscenze e competenze locali, a partire dalla manifattura, così come vanno potenziate le infrastrutture, sia materiali che digitali”.

“In tutto questo, è fondamentale agganciarsi agli interventi della politica nazionale che è chiamata a fare scelte precise sulle priorità di intervento e sull’uso delle risorse europee. Intanto, proroga del blocco dei licenziamenti e proroga della Cassa integrazione sono fondamentali anche per la tenuta della Toscana, per questo rinnoviamo l’appello al Governo e senza risposte saremo pronti a mobilitarci. Chiediamo inoltre alla nuova giunta della Regione Toscana, insediatasi da pochi giorni, di convocare le parti sociali per dare gambe al Patto per lo sviluppo che abbiamo firmato l’anno scorso e per lavorare sui tanti dossier aperti. Non c’è tempo da perdere, la Toscana deve ripartire e deve farlo con un nuovo modello di sviluppo sostenibile, con investimenti e con il lavoro al centro”.

Ecco ora un’analisi più approfondita del Report. A fine anno, il Pil italiano dovrebbe perdere il 10,7 per cento, con forchetta compresa tra -10 e -12 per cento; il Centronord sarà più colpito del Sud e la Toscana sarà una delle regioni più esposte, con una contrazione del Pil tra il -10,5 per cento e il -12,5 per cento e un dato medio di -11,2 per cento.

Per quel che riguarda l’export, nel primo semestre del 2020 si raccolgono i cocci di un -15 per cento di media. Il settore metalmeccanico, che copre quasi il 40 per cento delle esportazioni regionali, si attesta a -6 pere cento. Continua vertiginosamente ad aumentare il suo export un sotto settore, quello dei metalli grezzi, in particolare preziosi (+500 milioni). Si tratta in particolare di un deflusso di oro, da Arezzo, che va in Svizzera e che non rappresenta le produzioni del settore orafo, ma oro non lavorato che defluisce dalla ricchezza delle famiglie, approfittando del crescente prezzo della materia aurea.

Secondo le stime di Prometeia, le esportazioni regionali dovrebbero scendere del 14 per cento nel 2020 dopo una crescita del 15 per cento tra 2018 e 2019. Crescita solo per le province di Arezzo e di Siena (settore farmaceutico). Perdite per la provincia di Pistoia (all’esaurimento delle commesse Hitachi-Breda si aggiungono le difficoltà del settore moda) con -47 per cento, e Massa – Carrara (per l’esaurimento di alcune grandi commesse). Minori le contrazioni per Lucca (-14 per cento, già in diminuzione tra il 2018 e il 2019), per Firenze (-17 per cento, si tornerà ai livelli del 2018) e Grosseto (-10 per cento, valori assoluti ridotti).

Dati occupazione. Con la Toscana centrale area più colpita (-11,5 per cento), le altre aree perderanno l’11 per cento. Nei settori spettacoli, trasporti, ristorazione, manifattura e commercio, a fine 2020 l’Italia perderà tra le 630 mila e le 760 mila unità, -6/-7,3 per cento degli occupati. Per la Toscana si prevede un dato peggiore rispetto a quello nazionale, -6,3/-7,8 per cento, ossia tra 48 mila e 60 mila occupati in meno nei cinque settori considerati. Senza blocco dei licenziamenti, entro la fine del 2020, la Toscana perderà il 5,1 per cento nel caso medio, tra 83 mila 92 mila persone. Per l’Italia il dato medio è di -4,7 per cento, tra un milione e 1,15 milioni di unità.

Tra marzo e aprile, i depositi in Toscana segnavano un aumento di quasi due miliardi di euro. Sono 526 euro pro capite, il 20 per cento in più rispetto ai bimestri marzo/aprile 2018 e 2019. Firenze e Lucca, dove l’incidenza dei pensionati e dei lavoratori dipendenti è maggiore nei settori meno esporti al lockdown, avranno le performance più elevate. A giugno si attenua un po’ l’effetto covid e la provincia di Pisoia riesce addirittura a segnare un aumento dell’1,7 per cento, mentre cinque province sono in calo.

Al 20 luglio, l’accesso al credito agevolato del Fondo di garanzia per le pmi, come da decreto Rilancio, ha interessato 74 mila operazioni per un totale di più di 4,6 miliardi di euro. L’incremento dello stock creditizio a favore delle imprese è di circa il 10 per cento, con punte del 14,6 per cento in provincia di Massa Carrara e del 13,5 per cento in provincia di Pisa.

Nel periodo gennaio-marzo 2020 il saldo che si registra tra assunzioni e cessazioni corrisponde a circa -7mila unità, valore opposto a quello del corrispondente periodo dell’anno precedente (+25 mila); c’è da segnalare che la netta perdita di posti di lavoro riguarda prevalentemente quello a tempo determinato (-10.075), seguito dal lavoro intermittente (-3.996) e dal lavoro somministrato (-2.210); per quest’ultimo l’anno scorso la variazione netta era stata di entità piuttosto rilevante (+2mila e 200 mila circa).

I dati della Cassa integrazione nel periodo dell’epidemia Covid sono di proporzioni inconfrontabili con quelli precedenti. In Toscana, il totale delle ore autorizzate dall’Inps nei primi sette mesi del 2019 era di 12,5 milioni (8,5 milioni nei corrispondenti mesi del 2018); nel primo trimestre 2020 (prima del manifestarsi della pandemia) erano state autorizzate 3,3 milioni di ore. Nei quattro mesi successivi, le autorizzazioni sono state dimensionate rispettivamente su 46,6, 30,35, 13,23 e infine quasi 20 milioni di ore (luglio).

Preoccupa il rilevante calo della domanda di lavoro stimato per il 2020 (circa -10%) che dovrebbe riprendersi nel 2021 (+4,4%) cui farebbe tuttavia da contraltare l’ingente aumento dei disoccupati (+32%), con il parallelo accrescimento del relativo indicatore (da una media del 6% a 8,8%), facendo svanire così una sorta di effetto ottico generato dal passaggio all’inattività (+10,4% gli inattivi 15-64 anni), andando così ad alimentare l’insieme delle persone in cerca di occupazione.

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