Olio d’oliva: per l’Italia annata di scarica

Il 2020 ha segnato un forte calo nella produzione italiana di olio d’oliva, -26 per cento rispetto all’anno precedente secondo il Centro studi di Confagricoltura. La diminuzione è avvenuta anche nel resto d’Europa, fatta eccezione per la Spagna (+27 per cento): Portogallo (-35 per cento) e Grecia (-25 per cento). Il saldo europeo è dunque positivo (+5 per cento).

Per l’Italia è dunque un anno di scarica, con appena 270 mila tonnellate prodotte. Come spiega Confagricoltura, “questa contrazione sembra essenzialmente dovuta alla forte diminuzione riscontrata in Puglia, regione che produce praticamente la metà dell’olio italiano”. Va meglio nel Centro-Nord, sia per quantità sia per qualità, ma l’incidenza sul totale nazionale è circa del 20 per cento. Metà delle esportazioni si concentrano su quattro Paese: gli Stati Uniti (420 milioni di euro, il 32 per cento del totale dell’export nostrano), la Germania (168 milioni, il 12,8 per cento), il Giappone (8 per cento) e la Francia (7,4 per cento).

L’Italia, secondo Paese esportatore, realizza un prezzo medio del 59 per cento superiore a quello della Spagna, nonostante la sua produzione copra mediamente il 15 per cento di quella mondiale contro il 45 per cento di quella iberica.

Confagricoltura fa sapere come il comparto olivicolo italiano sia caratterizzato da disponibilità di prodotto in continuo calo, ampiamente insufficiente a soddisfare le esigenze interne o di esportazione. “La forte concorrenza degli altri oli comunitari ed extracomunitari a prezzi stracciati fa sì che restino in giacenza nei nostri frantoi forti quantitativi di prodotto”.

La ricetta di Confagricoltura: “Avviare politiche efficaci di promozione per incrementare la domanda di olio EVO nazionale in Italia e sui mercati internazionali, anche attraverso politiche mirate che puntino sulla qualità del prodotto, il cui valore va comunicato in modo efficace, per essere recepito dal consumatore”.

A livello mondiale, il settore dell’olio sta affrontando cambiamenti strutturali rilevanti in un momento difficile a livello di mercato; da un anno a questa parte ci sono ampie giacenze di prodotto che frenano le quotazioni. “L’Italia, con il suo patrimonio di poco più di un milione di ettari a uliveto e oltre 400 varietà, deve impegnarsi per invertire questa tendenza negativa e recuperare tutte le sue potenzialità”.

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