Clima e ponti in Italia: il caldo e i temporali mettono a rischio le infrastrutture

Edilizia

L’Italia che si tropicalizza, con sempre maggiori ondate di calore ed eventi atmosferici estremi. Nel Mediterraneo, dal 1980 a oggi, ogni decennio si sono aggiunti 6,5 giorni di caldo estremo e tra il 2030 e il 2050 la situazione diventerà ancora più difficile. Come ben stiamo vivendo in questi giorni, agosto – secondo il Centro Meteo Europeo – sarà un mese di caldo africano, intervallato da qualche temporale di forte intensità.

“Da qui al 2050 il riscaldamento globale metterà a rischio la sicurezza delle infrastrutture a livello mondiale”. Caldo, alluvioni, vento forte, uragani: questi i rischi previsti. Secondo il Centre of Excellence for Climate Extremes (Clex), il caldo sta aumentando in una forbice che va da 1 a 4,5 gradi Celsius al decennio. In Medio Oriente e in alcune zone dell’Africa e del Sud America arriviamo anche a 10 gradi Celsius. In Australia, nella peggiore stagione in quanto a ondate di calore, sono stati addirittura raggiunti 80 gradi Celsius di calore cumulativo; nel Mediterraneo sono stati superati i 200 gradi Celsius. “Sottovalutare questa situazione sarebbe un errore. Ma con il monitoraggio dinamico sarà possibile risolvere fin da ora il problema infrastrutturale”.

Vediamo com’è la situazione da noi. “I ponti italiani sono stati costruiti a regola d’arte e anche la manutenzione è stata nella maggior parte dei casi adeguata. Oggi – tuttavia – le nuove tecnologie consentono di fare di più: di prevedere il futuro e prevenire un evento infrastrutturale prima che accada”. Ponti a non rischio, dunque, a patto di monitorarli costantemente: “E questo è l’aspetto critico per il futuro perché, seppure progettato alla perfezione e manutentato con grande impegno dagli enti e dalle società preposte, bisogna anche considerare che il patrimonio infrastrutturale italiano è stato ideato tenendo conto di una determinata sismicità che poi è variata nel tempo, così come è cambiato il contesto dinamico”. Prevenire, dunque, quello si può fare, evitando magari che capiti come negli Stati Uniti dove negli ultimi 32 anni sono crollati 1.062 ponti.

“Le tempeste in piena estate confermano la tendenza alla tropicalizzazione, con un’elevata frequenza di sfasamenti stagionali, precipitazioni intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, con eventi estremi e sbalzi termici anche notevoli”. In Italia, quali sono le regioni più monitorate? La Liguria, grazie alle ispezioni disposte dopo il ponte Morandi, ha ottenuto un punteggio di 100/100, al secondo posto c’è la Toscana con 75/100, quindi l’Abruzzo con 70/100. Quarta la Calabria a 68/100, quinta l’Umbria con 65/100.

“In generale, un po’ per tutte le regioni italiane le performance sono buone. Ma la vita di un ponte comunque è legata a diverse variabili, includendo quella climatica, che – se mal combinate tra loro – possono portare talvolta a problemi strutturali”.

Exit mobile version