Umbria, export: regione 13esima per gli effetti della domanda estera

Il covid-19, con la conseguente crisi economica, colpisce la domanda e l’offerta interne ed estere. Il calo del commercio estero si ripercuote con effetto domino sulle economie regionali. L’Umbria, rispetto a realtà vicine come la Toscana e le Marche, risente meno di questo fattore essendo prevalentemente sostenuta da domanda interna.

A livello nazionale, il rallentamento degli scambi internazionale sta pesando. E tanto. Secondo le previsioni della Commissione europea, nel 2020 le esportazioni potrebbero subire un calo del 13% (con rimbalzo di +10,5% per l’anno prossimo); secondo Bankitalia, arriveremo a -15,4%. I più penalizzati sono il settore della manifatture: tessile-abbigliamento, macchinari, apparecchi elettrici, autoveicoli, alimentari e bevande, metallurgia, gomma e plastica, chimica.

In Umbria metallurgia, meccanica, moda e alimentare valgono due terzi del totale della specializzazione esportativa. Le prospettive, dunque, non sono delle migliori. Anche perché la domanda estera di prodotti umbri, per due terzi, proviene dall’Unione Europea a 28 (la Germania, da sola, copre un quinto dell’export totale umbro) e per un 10% ognuno da Usa e Asia. Il grado di sofferenza, però, deriva anche da un altro fattore: dal grado di apertura regionale, che in Umbria è sottodimensionato.

Prometeia ha messo insieme questi dati per arrivare a un indice sintetico che rappresenti l’impatto derivante dalla variazione della domanda estera. In base a questo indice, le regioni più esposte sono Emilia Romagna, Veneto e Toscana, la meno penalizzata è la Calabria. L’Umbria, per il grado di apertura, è undicesima (0,46 in una scala da 0 a 1); data la sua struttura esportativa, sale al settimo posto (con 0,67) per sensibilità alle variazioni della domanda estera. L’indice composito di vulnerabilità, che tiene conto di entrambe le graduatorie, vede la regione al 13esimo posto con 0,57.

Che vuol dire? Che in caso di recessione, l’Umbria è maggiormente al riparo avendo una vulnerabilità alle variazioni delle esportazioni più bassa della media. Un elemento che però si dimostra alla fine di debolezza perché impedisce alla regione di beneficiare del tutto del potere propulsivo della domanda estera nelle fasi di espansione.

È vero che il rapporto tra il fatturato esportato sul Pil prodotto in Umbria ha raggiunto nel 2018 il 18,9% (il valore più alto di sempre), ma solo grazie all’eccezionale crescita delle esportazioni (+9%) in un quadro di quasi stazionarietà del Pil nominale. L’export umbro è poi tornato a calare nel 2019, in controtendenza a una performance italiana ancora in aumento. L’intensità della contrazione del commercio mondiale nel 2020, così come le aspettative di rimbalzo per il 2021, dipenderanno ad ogni modo dalle dinamiche evolutive del contagio nei prossimi mesi.

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