Fittuccia (Federalberghi Umbria): “Turismo, nella primavera del 2021 speriamo di sorridere”

Proprio ora che è tutto nero, si può provare a guardare oltre. È l’invito che arriva, forte e perentorio, da Simone Fittucia, presidente di Federalberghi Umbria: “Vedo in giro che la gente ha voglia di uscire, di vivere, nonostante le notizie terrificanti ricevute negli ultimi mesi. Questo mi fa ben sperare, spero che il nostro settore venga coinvolto da questo ottimismo. Che si torni a viaggiare. Dalle grandi crisi escono grandi rinascite. Spero che nella primavera del 2021 torneremo a sorridere”.

Già, il 2021. Prima di allora bisogna fare i conti con un’emergenza covid che ha azzerato le presenze turistiche. In Italia come in Umbria: “Speriamo che quanto prima ci si possa spostare tra regioni, ma nel frattempo il crollo è stato totale. Il valore del settore, per l’Umbria, è del 12% del Pil. Ma al momento il 95 per cento delle strutture è chiuso, il 5% ospita turismo sociale, ossia sanitari e familiari delle persone ricoverate, che gradatamente stanno andando via perché sono aumentati i guariti. È stato fatto un sondaggio, sentendo 150 mila persone: il 53 per cento non pensa assolutamente alle vacanze, ma soltanto a brevi uscite nei dintorni di casa; l’altro 47 per cento vuole invece programmare giorni fuori; di questo 47 per cento, però, appena l’1 per cento vede l’Umbria come meta appetibile. Turismo e ristorazione sono di sicuro i segmenti più colpiti. Quando ci sarà la riapertura, i protocolli limiteranno gli accessi negli spazi comuni degli hotel e nei ristoranti, il che significa altri danni”.

Federalberghi ha chiesto alla Regione di riaprire almeno alle regioni limitrofe: “Così potremmo capire il ‘sentiment’ di una regione virtuosa come l’Umbria. E potremmo iniziare a immaginare il tipo di turista che potremmo avere, quello veramente interessante a passare le vacanze in Umbria. Non dimentichiamo che anche le strutture hanno bisogno di organizzarsi. Al momento, il 60 per cento pensa di riaprire entro luglio, il 20 per cento entro settembre e un altro 20 per cento solo nella primavera del prossimo anno. I più ottimisti sono quelli delle strutture limitrofe alle grandi città, i più pessimisti coloro che fanno parte di strutture molto grandi, dove i costi della riapertura sono molto alti e serve parecchia liquidità”.

Il danno economico per l’Umbria è grandissimo: “Dal 1° marzo al 30 giugno 2019 abbiamo avuto 2.083.000 presenze, il danno stimato e certificato è pari a 90 milioni di euro, considerando 45 euro al giorno a persona. Questo solo per gli alberghi. Sul territorio, bisogna fare il totale per quattro e si ottiene la ricaduta, di 360 milioni di euro circa”. Insomma, il settore alberghiero è il più colpito dall’emergenza: “Nessun Dpcm ha obbligato alla chiusura, ma la mancanza di clientela ha dato lo stesso risultato: non si lavora. I clienti non torneranno finché non ci sarà una situazione sanitaria più chiara. Non dimentichiamo poi il problema occupazione: a marzo 3.500 stagionali attendevano di iniziare a lavorare e quando finirà la cassa integrazione si troveranno senza soldi e lavoro; poi ci sono i tempi indeterminati e anche loro, quando gli aiuti saranno terminati, potrebbero essere licenziati dall’azienda che è impossibilitata a riprenderli”.

Il distanziamento sociale fa il resto: “Soprattutto bar e ristoranti molto piccoli avranno problemi. Nei bar verrà a mancare il contatto sociale dato dal caffè al banco. Gli alberghi dovranno reinventarsi: fine della colazione a buffet, si serviranno prodotti imbustati. E noi consiglieremo la colazione in camera, all’italiana con cappuccino e brioche”. E ancora: “I pullman non potranno girare come prima, idem dicasi per gli aerei. Sarà eliminato il turismo di gruppo. Dovremo adeguarci”.

Gli alberghi, per poter ripartire, oltre alla clientela attendono un chiarimento dal Governo: “Oggi se un nostri dipendente viene infettato da un cliente, ne rispondiamo civilmente e penalmente perché per l’Inail si tratta di infortunio sul lavoro. Noi possiamo rispettare tutte le indicazioni del protocollo, dalla misurazione della temperatura al dipendente quando entra in azienda al gel igienizzante, ma non vogliamo diventare responsabili in caso di contagio”. Purtroppo, al momento, è venuto a mancare il sostegno da parte delle istituzioni, Governo e Regione: “Lo Stato ha sbandierato ai quattro venti le misure per il turismo, ma attualmente c’è solo il credito d’imposta di 500 euro per il turista che passa le vacanze in Italia. Aiuti specifici non ce ne sono, è anche difficile programmarli. Noi chiediamo ad altissima voce che ci sia riconosciuto il danno indiretto, ossia che ci aiutino con i costi fissi che continuano a esserci anche se mancano gli incassi”.

Un altro rischio di questa fase, in cui alle piccole aziende in particolare viene a mancare la liquidità, è che la criminalità organizzata se ne approfitti per infiltrarsi. Fittuccia è piuttosto chiaro in merito: “Anche se l’Umbria non è particolarmente appetibile, noi siamo vigili. Le aziende non possono reggere ancora molto, questa situazione può generare l’intervento della mafia, della camorra o della ‘ndrangheta. Qualcuno può prendere per il collo l’imprenditore così come ci possono essere casi di usura. Le banche, del resto, se riscontrano anche una piccola irregolarità, non possono concedere credito e quindi, se sei disperato, finisci per rivolgerti a canali illegali”. Si fa il possibile per evitarlo: “Noi contattiamo un paio di volte alla settimana tutti gli associati chiedendo di segnalarci episodi di questo tipo. Godiamo anche della vicinanza e della collaborazione della guardia di finanza”.

Certo, per l’Umbria questo 21esimo secolo non è dei migliori: prima il terremoto, poi il covid: “A livello turistico, ci eravamo ripresi molto bene dal sisma, avevamo avuto più di sei milioni di presenze nel 2019. Il 2020 si era presentato ancora migliore, prima che arrivasse il frontale del coronavirus a marzo. Un evento, questo, che ci ha fatto sprofondare, ma vogliamo comunque guardare ed essere positivi”.

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