Cinema chiusi? Ergo ascolta gli addetti ai lavori e guarda al futuro

Uno dei settori più colpiti dalla pandemia è senza dubbio quello cinematografico: dai set bloccati alle uscite rimandate dei titoli più importanti, alle criticità che ruotano attorno alla riapertura delle sale. Tutti elementi che stanno ridefinendo profondamente un’industria che, in Italia, manifestava già da anni segnali di crisi. E qualcuno pensa che non si tornerà più alla situazione precedente.

Le sale cinematografiche delle principali regioni del nord Italia hanno chiuso il 23 febbraio, le altre il 9 marzo con l’avvio del lockdown, segnando un crescendo di criticità per tutta la filiera, che fatica a rivolgere uno sguardo unitario verso gli scenari futuri, sicuramente segnati da molte incognite, ma rispetto ai quali iniziavano a maturare consapevolezze condivise. 

In questo scenario Ergo research con Brad&k e Cineguru ha deciso di realizzare una survey su Il futuro del cinema in sala nella prospettiva degli addetti ai lavori, coinvolgendo (dall’8 al 16 aprile) ben 513 professionisti del mondo del cinema fra esercenti, distributori, produttori, registi/autori, industrie tecniche, oltre a giornalisti specializzati, agenzie e uffici stampa. L’obiettivo era di dare voce agli addetti ai lavori, prendendosi la libertà di muoversi a cavallo fra la percezione e l’auspicio, in una dimensione consapevolmente soggettiva. 

Il metro dell’attenzione verso il tema e l’iniziativa è dato anche dagli oltre 200 iscritti al webinar di approfondimento sui risultati, tenutosi lo scorso 27 aprile (di cui è possibile scaricare i materiali al link https://cineguru.screenweek.it/2020/04/si-e-tenuto-ieri-lincontro-virtuale-sul-futuro-del-cinema-in-sala-26790/).

Gli intervistati sapevano già che per fine aprile avrebbero maturato una perdita di oltre 120 milioni solo in termini di mancato box office, e potrebbero aggiornare la stima per ciascuno degli ulteriori mesi di chiusura. 

Così, quando si è trattato di dare un orizzonte temporale alla possibile riapertura, le risposte si sono concentrate sull’ipotesi di settembre, indicata da quasi il 60% degli intervistati, anche se non è mancato chi, circa 1/3 degli intervistati, concentrato fra esercenti e distributori, spera in aperture “entro agosto”, quantomeno nella forma delle arene estive e con qualche sperimentazione legata ai drive in.

Il contributo collettivo si è poi esteso alla valutazione di in una stima dei mesi necessari, una volta riaperto, per arrivare ad un riallineamento con lo standard degli incassi del periodo. Per gli esercenti si tratterebbe di quasi un anno all’insegna del progressivo restringimento di questa forbice, lasciando per strada più di 200 milioni di euro ed arrivando complessivamente vicini ai 500 milioni di box office mancato (nel 2019 l’incasso complessivo è stato di poco superiore ai 635 milioni).

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Ad alimentare il gap la prevedibile esigenza di dover gestire misure di distanziamento in sala e l’obbligo di indossare le mascherine, ma anche le incognite su qualità e quantità di titoli che saranno proposti nelle sale nei mesi successivi alla riapertura. Tutti elementi che possono concorrere a “frenare la domanda”, senza considerare che gli spettatori si caratterizzeranno comunque per velocità di ri-avvicinamento alla sala differenziate, in funzione dei personali livelli di cautela che sedimenteranno, della capacità di ingaggio dell’offerta (e del supporto che saprà darle una adeguata comunicazione) e del senso di deprivazione relativa maturato verso l’esperienza della visione collettiva (ovviamente in sicurezza).

Non è un caso se il prossimo webinar organizzato dagli stessi soggetti riguarderà gli spettatori e avrà come titolo: “GLI ULTIMI (AD ESSERE STATI AL CINEMA), SARANNO I PRIMI (A TORNARCI)? La parabola degli spettatori fra pre-lockdown e riapertura delle sale”.

Sullo sfondo ci sono le rinnovate dinamiche di fruizione di film ed altri contenuti audiovisivi nel contesto domestico, con le deroghe a prassi e norme inerenti le cosiddette “finestre”; le tempistiche cui si lega, in sequenza, lo sfruttamento dei diritti dei film: dalle sale cinematografiche, ai DVD (e alle copie per l’acquisto in digitale), per poi arrivare alla pay-per-view (Netflix, Sky Primafila…), la pay TV (il “semplice abbonato” Sky) e, dopo circa due anni, la TV lineare gratuita. Nella situazione attuale si è arrivati a “sostituire” la tradizionale finestra cosiddetta theatrical, con una formula del noleggio digitale a prezzo maggiorato; il cosiddetto Premium TVOD (Transactional Video On Demand); opzione già attivata per diversi film la cui uscita in sala era prevista per queste settimane.

Le prime operazioni di questo tipo hanno “saltato” a piè pari gli esercenti, altre, legate fondamentalmente a film italiani per i quali si prevederà lo sblocco di contributi normalmente associati alla programmazione in sala, destineranno agli esercenti una quota dei ricavi derivanti dai noleggi digitali. Ma fra gli esercenti c’è chi preferisce la via diretta (ed il rapporto privilegiato con il proprio pubblico) e si accinge a varare la formula della “sala virtuale”.

Non è un caso dunque se fra i temi affrontati dalla survey B2B ci sia anche quello de “Il futuro delle windows”. Un intervistato su 3 nelle categorie di esercenti, distributori e produttori, evidenzia che “ci sarà un periodo intermedio (qualche mese) con finestre di durata inferiore”. Di fatto è quello che sta accadendo, pur in attesa di un decreto che ne sancisca presupposti e condizioni. 

È sul “dopo” che emergono le differenze maggiori, con il 29% degli esercenti che vuole credere al ritorno alle windows applicate fino alla chiusura delle sale. Questa voce andrebbe peraltro sommata ad un’altra che, parlando di temporaneità per le windows ristrette/azzerate, evoca anch’essa un successivo ritorno al quadro precedente una volta superata l’eccezionalità del momento. Di diverso avviso una componente importante (maggioritaria) dei produttori ed una quota ancora più elevata di registi ed autori, che si suddividono fra la voce “si passerà definitivamente a windows di durata inferiore” e la convinzione che “NON si tornerà più alla situazione precedente ed il cinema non avrà più l’esclusiva per il primo sfruttamento dei film”: lo “prevede” il 29% dei produttori ed il 34% fra autori e registi.

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Nelle prossime settimane sarà verosimilmente definita una roadmap per la riapertura delle sale cinematografiche, sia sotto il profilo delle tempistiche sia in relazione ai protocolli. Ne deriverà una fase di riorganizzazione del settore, e si andrà a comporre progressivamente il calendario delle uscite, con probabile spazio (temporaneo?) per opzioni distributive “ibride” (film in sala e, contemporaneamente o dopo poche settimane, anche sulle piattaforme, comprese quelle auto-gestite dagli esercenti).

Sulla scorta di questi elementi (ed in generale delle dinamiche del post-lockdown) inizierà a strutturarsi la domanda degli spettatori e la conseguente velocità di riavvicinamento all’esperienza del cinema in sala. Anche questi aspetti saranno misurabili, alimentando un ideale cruscotto informativo capace di rendere più efficienti le scelte dei player cui si è data voce in questa survey, che potranno a loro volta essere convolti in ulteriori momenti di ascolto, lavorando sulle consapevolezze e la loro vision.

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