Popolazione e Pil: l’Umbria arranca dal 2008

L’Umbria arranca dal 2008. Mentre le altre regioni italiane sono riuscite parzialmente a risalire la china dopo la crisi, a Perugia e a Terni la situazione è rimasta buia. Imboccare la strada della ripresa pare un’impresa. A livello demografico, tra il 2001 e il 2010, si è registrata una crescita importante della popolazione, successivamente si è invertita però la rotta e la tendenza in atto, se dovesse continuare, entro il 2050 eliminerebbe dall’Umbria tanti abitanti quanti quelli che vivono oggi a Terni. Colpa della crisi, sicuramente, l’abbandono della regione. Ma questa tendenza non fa che aumentare le difficoltà a impostare strategie di sviluppo economico, in quanto diminuiscono le persone in età da lavoro e aumentano invece gli anziani. Andiamo a vedere i numeri Istat, elaborati fa Giuseppe Coco, direttore Aur (Agenzia Umbria Ricerche) &S.

Nel 2010 si era raggiunto il numero di 906.486 residenti in Umbria, scesi 883.215 un anno dopo. Una leggera ripresa aveva poi portato la popolazione a 896.724, ma è tornata successivamente a decrescere fino a 884.640. Analizzando il Pil pro capite, si nota una differenza non da poco tra il dato regionale, 24.326 euro correnti,e la media italiana, 28.494. Parliamo di -4.100 euro, abbastanza per non stare tranquilli. Nel 2008, il Pil pro capite umbro era di 26.107 euro correnti mentre in Abruzzo si era a 23.454, valore che nel 2017 è salito a 24.403. Crisi e terremoto hanno colpito entrambe le regioni, ma come mai il Pil abruzzese è riuscito a crescere di quasi mille euro mentre quello umbro ne ha persi 1.800? Cosa ha portato all’azzeramento dello scarto tra queste due regioni che nel 2008 era di oltre 2.600 euro? Nel 2018, l’Umbria si piazza subito prima delle regioni del Mezzogiorno (Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, Molise, Sardegna e Basilicata), ma dietro ad Abruzzo e Marche.

Tornando al confronto con l’Italia, notiamo che il differenziale – in termini di Pil pro capite – è sempre negativo dal 2004, ma è addirittura a doppia cifra dal 2012. Il 2017, poi, ha fatto registrare -14,6 punti base rispetto alla media italiana. Nel 2004 erano -4,3 punti base soltanto. Con un solo momento di ripresa (dal 2014 al 2015), dal 2008 in poi non ha fatto che aumentare. Da qualche anno, dunque, assistiamo a un progressivo allontanamento dal pezzo d’Italia che va meglio e un avvicinamento alle regioni del Sud.

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