Federico Fioravanti: “Manifestazioni umbre devono attirare turisti, non solo i residenti”

Federico Fioravanti organizza con successo da quattro anni il Festival del Medioevo di Gubbio. Lo abbiamo intervistato per capire l’impatto che ha sulle attività economiche umbre una kermesse come questa. “Manifestazioni di questo tipo portano diversi benefici. Non solo a Gubbio, ma anche alle città vicine, persino a quelle che si trovano al confine, nelle Marche, come Fabriano. Durante i giorni in cui si svolge il Festival, gli alberghi del circondario sono tutti pieni. E parliamo di turisti che si fermano 2-3 giorni, non come il classico ‘mordi e fuggi’ di cui è piena l’Umbria. Tra l’altro, parliamo di un pubblico dalla cultura medio-alta e con un buon tenore di vita. Come si dice: sono quelli che spendono e che chiedono in cambio determinati servizi”.

Ristoranti e alberghi sono naturalmente i principali beneficiari, con un flusso turistico che nel settembre scorso è stato più alto del 19 per cento rispetto al mese precedente. E anche nel 2017, si registrarono aumenti rispetto al 2016. Il Festival del Medioevo fa dunque bene a una larga fetta dell’Umbria: “Sono 32 le attività che lavorano stabilmente con noi: dalle imprese private alle associazioni culturali, dagli elettricisti ai grafici, dalle assicurazioni alle attività culturali della città”. Insomma, “l’economia del territorio si muove eccome”.

E’ anche vero che il Festival del Medioevo è ormai un punto fermo per gli appassionati. E’ riuscito in pochi anni a conquistare pubblico che arriva anche da lontano. “Abbiamo 45 mila follower sulla pagina, la Fiera del libro medievale è la pagina più seguita in Italia che riguarda il Medioevo”. Insomma, i problemi stanno altrove, non qui: “E sono prevalentemente quelli relativi ai servizi. Ma anche di coordinamento, con kermesse che si sovrappongono nello stesso periodo costringendo la gente a scegliere e causando polemiche”. Ma torniamo sui servizi: “Sono carenti. Dalle ferrovie alle strade, all’aeroporto. Per andare da Perugia a Roma ci vogliono due ore e mezzo, praticamente come farsi Roma – Milano con il Frecciarossa. L’aeroporto non è collegato con nessuna stazione ferroviaria”. Poi c’è la E45: “Che è un’emergenza vera, sottovalutata. Non c’è un’altra via per attraversare l’Umbria in orizzontale. Il ponte chiuso blocca praticamente tutta la nostra regione. Passano circa 6 milioni di auto durante l’anno e, se anche solo ognuno di questi spendesse in Umbria un euro, avremmo 6 milioni di euro in più”.

Altro problema sono le strutture di accoglienza: “Il pubblico è per così dire ‘viziato’ da ciò che trova in altre regioni e invece, in Umbria, di grandi alberghi ce ne sono cinque o sei al massimo”. Se Perugia in parte si salva, la situazione è molto più grave nel Ternano: “Che ha cose magnifiche, ma che non sa valorizzarle. Come le manifestazioni, fatte a uso e consumo dei residenti, non per attirare turisti da fuori”. Un esempio lampante è San Valentino: “Nessuno, a parte noi umbri, lo identifica con Terni. Mentre si pensa a Verona come città degli innamorati per Giulietta e Romeo”. L’inverso di quello che accade per Umbria Jazz, il Festival di Spoleto e quello Medievale di Gubbio, che si aprono anche ai turisti nazionali e internazionali. Diventano punto di riferimento nel campo.

“L’Umbria deve essere associata alla qualità. Per me rappresenta l’Italia in miniatura, mare a parte, perché c’è tutto. Dovrebbe fare un lavoro: sfrondare i rami secchi di manifestazioni non qualitative. E dare al turista veramente la sensazione di essere venuto in una terra ricca. Invece, nei ristoranti, capita spesso che ti propongano l’olio di altre regioni quando noi ne siamo ottimi produttori. Purtroppo, manca la cultura dell’accoglienza e della ricettività turistica”.

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