Dini (Cna Marche): “Export contraddittorio, ma potenzialità ci sono”

“Ci sono chiaroscuri, dati contrastanti. E’ molto difficile commentare l’export delle Marche”. A dirlo è Giovanni Dini, direttore del Centro Studi di Cna Marche, dopo l’ultimo studio che ha riguardato per l’appunto la capacità di penetrazione estera dei vari settori dell’economia della regione, che comunque mantiene un saldo positivo tra export e import.

“Il comparto degli elettrodomestici è molto positivo, così come le esportazioni di prodotti in metallo. Di contralto, ci sono pure dei ‘meno’, soprattutto a causa di aspetti legati alle tensioni internazionali e alle sanzioni, indipendenti dall’Italia, ma che hanno effetti sul Paese”. Fa un esempio: “Prendiamo il settore moda, uno dei principali per le Marche. In generale, sarebbe in buona salute, ma le calzature sono in perdita e questo pesa sull’intero comparto. Il motivo? Le sanzioni alla Russia imposte dagli Stati Uniti”. Ciò non vuol dire che dappertutto ci sia la stessa situazione: “Abbiamo un +2,5% in Germania, un +4,6% in Francia. Ecco perché è difficile orientarsi e dare un quadro chiaro della situazione”.

Il settore farmaceutico vede Ascoli Piceno soffrire particolarmente: “Ma qui dipende dagli ordinativi delle case farmaceutiche”. Dini racconta di un export in apnea, ma non per colpa della produttività marchigiana: “Il settore meccanico, quello del legno legato ai mobili e la moda sono i tre capisaldi su cui si fonda l’export marchigiano. Abbiamo già parlato del problema delle calzature. C’è quello legato ai macchinari e agli impianti, dovuto sempre a questioni internazionali, all’embargo nei confronti dell’Iran, alle guerre di dazi tra Cina e Stati Uniti. Naturalmente, tutto si riflette anche sull’industria italiana”.

Aggiunge: “La produzione di metallo qui da noi è molto diversificata, si va dalle armi ai termosifoni. Abbiamo un settore molto tecnologizzato, addirittura dall’Urbinate si esporta direttamente negli Stati Uniti. Voglio dire che il saldo resta fortemente attivo, tra export e import, solo che non siamo più alla crescita degli anni passati: è calata”. L’allarme è dunque lanciato, non è rosso però.

“Noi abbiamo diverse imprese che commercializzano all’estero per conto terzi, questo è il tessuto produttivo prevalente. Poi ci sono anche le medie e grandi imprese. Alcune piccole, come quelle che producono vino e olio, non utilizzano intermediari e arrivano direttamente sulle tavole internazionali. Direi dunque che non c’è un problema che riguarda le micro imprese. Risentiamo del clima generale, paghiamo tensioni, sanzioni e divieti. Come Cna non siamo preoccupati, ma denunciamo un sistema pubblico che è carente per quanto riguarda la tutela delle nostre produzioni all’estero e le possibilità di far accedere al mercato internazionale le imprese. Non ci sentiamo rappresentati come invece succede per le aziende francesi e tedesche. Ovviamente, parliamo delle piccole imprese, quelle grandi si rappresentano da sole oltre i confini italiani”.

Non si può non accennare al terremoto che ha colpito anche le Marche due anni fa: “L’industria manifatturiera ha superato quel momento come export. Piuttosto, sono le costruzioni che non stanno andando come ci saremmo aspettati, non c’è stata la ripresa forte che di solito fa seguito a un evento di questo tipo. La ricostruzione non è partita per colpa della burocrazia troppo lenta. E l’edilizia trascina in basso con sé anche altri settori come quello dei servizi e la stessa manifattura. Le risorse ci sono, ma al momento restano bloccate. L’economia delle Marche potrebbe fare un passo in avanti molto più ampio sia per il Pil sia per l’occupazione. Il dato da sottolineare è infatti che, se è vero che è calata la disoccupazione, è altrettanto vero che non è cresciuta l’occupazione e, anzi, sono gli inattivi a essere saliti di numero, quelli che non hanno lavoro e neanche lo cercano”.

Chiude Dini con una considerazione agrodolce: “L’economia marchigiana è ferma, in attesa. È come se ci fossero potenzialità che però non trovano uno sbocco”. Cosa che riguarda pure le piccole imprese, quelle con meno di 20 dipendenti: “La ripresa è sempre più modesta, il ritmo di crescita è calato, in particolare per i servizi e l’edilizia. Il manifatturiero tiene”.

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