Bianconi (Federalberghi): “Umbria ‘hot destination’ per il turismo”

“L’Umbria si è ripresa, dal punto di vista turistico, eccezion fatta per il cratere sismico. Siamo anche oltre i risultati raggiunti nel 2006, quindi prima della crisi”. Vincenzo Bianconi, presidente di Federalberghi Umbria, racconta così il momento che sta vivendo la regione. Da un certo punto di vista, si potrebbe dire ‘esaltante’, ma dall’altro ‘difficile’, forse ‘irrecuperabile’. Sì, perché l’Umbria è tuttora come divisa in due: le zone che il sisma del 2016 ha devastato e il resto.

“La ripresa turistica si è completata quest’anno. Ad Assisi, Perugia e Orvieto siamo alla normalizzazione. Anche in Valnerina abbiamo avuto di nuovo numeri importanti di visitatori. Purtroppo, non altrettanto possiamo dire per Cascia, che ha subito danni notevoli, per non parlare di Norcia e Preci dove il 90% delle strutture ricettive non c’è più. Nelle zone terremotate possiamo parlare di un turismo ‘mordi e fuggi’, ovvero si viene a pranzo (magari al sacco) e poi si va via. Non si sa se e quando si tornerà alla situazione precedente alle scosse”.

Il terremoto, del resto, ha costretto l’Umbria a pagare un prezzo fin troppo elevato: “All’inizio, l’impatto psicologico ha portato i turisti a evitare tutta la regione, da Città di Castello a Terni. C’era la percezione che l’Umbria fosse interamente terremotata e a rischio. La reazione c’è stata, da parte di Federalberghi: abbiamo individuato il mancato guadagno, ossia le aziende che avevano subito una diminuzione almeno del 25% del fatturato, creando una sorta di Cassa integrazione in deroga per poter dare uno stipendio minimo a chi non aveva lasciato l’Umbria ed era rimasto, pur con grandi difficoltà”. Altre misure sono arrivate: blocco dei pagamenti delle rate dei mutui, stop al pagamento delle tasse e bollette come elettricità e acqua: “Si tratta di costi ‘parcheggiati’, non eliminati. Saranno rispalmati su più anni”.

Il ‘cahier de doléances’, dice Bianconi, è comunque colmo: “Per il cratere, lamentiamo che non c’è un piano reale per il rilancio economico e di prospettiva, Gli imprenditori sono abituati a soffrire, ma la non chiarezza non sanno gestirla. E chi vive nel limbo, è destinato a morire. Non possono fare un business plan da qui a 15 anni. La ricostruzione, quella importante, non è neanche partita. I più virtuosi forse inizieranno l’anno prossimo, il che significa che ci vorranno cinque anni dal terremoto per ripartire”. Troppo tempo, facile leggere tra le righe, per chi ha un’azienda.

Come detto, però, l’Umbria è anche altro. Non solo il cratere sismico. “Federalberghi ha lavorato bene con l’assessorato regionale al Turismo. È stata fatta una buona campagna di comunicazione, basata sui grandi eventi che sono enormi spot pubblicitari per l’Umbria. Sono stati usati i social network, da cui è emersa l’immagine di una regione sana. Vivibilissima. Sono ripartite le prenotazioni. Se nel 2017 eravamo ancora a un livello discreto, il 2018 ha avuto un trend positivo”. Il futuro si presenta dunque roseo: “Ci attendono nuove sfide. Gli anglosassoni hanno inserito l’Umbria tra le ‘hot destination’, ossia le mete calde. Il viaggiatore che viene per la quarta volta in Italia, cerca mete elitarie. L’Umbria, insieme a Sicilia e Puglia, è la regione italiana che ha più ampi margini di crescita. Ecco la sfida che ci attende e abbiamo la fortuna di poter offrire tutto: agroalimentare, cultura, ambiente e religione per un turismo che si sta innovando”.

Si tratta “di una vera e propria prova di maturità per l’imprenditoria turistica. È tempo di fare scelte, che sono sempre faticose perché devi fare analisi e prendere rischi, devi investire. L’Umbria non può più permettersi di essere generalista, ci deve essere chiarezza nei bandi, nelle offerte e negli eventi. Naturalmente non è un percorso che si improvvisa e noi ci stiamo già lavorando con associati e forze politico – istituzionali”.

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