Cestari (Centro Studi ‘Sintesi’): “Pmi, il loro valore in Umbria”

Alberto Cestari, del Centro Studi ‘Sintesi’, è stato uno dei relatori alla Conferenza regionale dell’economia e del lavoro. Il suo intervento è stato incentrato sul valore della piccola impresa in Umbria, la vera e propria base economica della regione.

“Le piccole e micro imprese, con meno di dieci dipendenti, rappresentano anche la base del sistema economico nazionale. L’obiettivo di questa ricerca è di dare evidenza al valore economico della piccola impresa in Umbria. Abbiamo preso in considerazione agricoltura e pesca, manifattura e utilities, costruzioni, commercio, alloggio e ristorazione, trasporti, magazzinaggio e comunicazioni, servizi tradizionali, servizi innovativi, servizi alla persona e altri servizi”.

Tra il 2012 e il 2017, travolta dalla crisi, l’Umbria ha perso qualcosa come 2.900 imprese, ossia il 3,5%. Nel 2017, il 95,4% delle imprese umbre ha meno di dieci dipendenti (una percentuale leggermente superiore alla macro area presa in considerazione che comprende anche Toscana e Marche). “Durante la crisi, sono cresciute le aziende dei servizi e dell’alloggio e ristorazione. Rilevante il calo per le costruzioni (-12,8%), l’agricoltura (-6,1%), i trasporti (-5,9%) e la manifattura (-5,5%)”. Sempre nel 2017, fatta eccezione per il manifatturiero (85%), le imprese fino a nove addetti superano tutte e di tanto il 90 per cento del totale in tutti i settori.

“Considerando l’aggregato del commercio e turismo, emerge una tenuta sul 2012. Questi settori, nel complesso, valgono il 32% delle imprese umbre. In Umbria, il 26% delle aziende è artigiana. Costruzioni (72%), manifatturiero (65%) e servizi alla persona (60%) sono i settori dove è più concentrato l’artigianato”. Nel 2017, sono nate 5.269 imprese, di cui 5.264 con meno di nove addetti: è un valore inferiore al 2012. La flessione di nuove imprese (-3%), in Umbria, è comunque meno forte che nella macro regione (-11%).

Posti di lavoro: “Tra il 2012 e il 2017 sono cresciuti dello 0,5%. Per l’industria, compresa l’edilizia, c’è stato un calo dell’11,8%, per commercio e turismo dell’8,1%. Segno positivo invece per l’agricoltura (+37,6%) e altre attività e servizi (+10,6%). Il 52% degli addetti lavora in una micro impresa. Nelle aziende di minori dimensioni, la flessione del 5,7% nel numero di lavoratori risulta essere meno marcata del trend generale”. Resta il fatto che tra il 2012 e il 2016 l’Umbria ha perso circa 15 mila addetti. Tutti i settori sono in flessione, eccezion fatta per servizi tradizionali, innovativi e alla persona. Segno negativo tra il 2012 e il 2016 anche per il numero di dipendenti (-7,1%). “Relativamente a quest’ultima voce, sono le imprese più piccole ad avere avuto la contrazione maggiore (-7,9%)”.

Secondo i dati 2017 di Unioncamere – Excelsior, le imprese umbre hanno un fabbisogno di assunzioni di 50 mila unità, il 42% è imputabile a quelle con meno di 10 dipendenti (20.680). “Secondo l’ultima rilevazione Istat, il valore aggiunto delle aziende della regione (industria più servizi) è pari a 8,5 miliardi di euro. Le imprese con meno di dieci addetti sono il 38,3% del valore aggiunto totale a livello regionale, ossia 3,2 miliardi di euro. Se però consideriamo il valore aggiunto per addetto, le cose cambiano: prevale l’industria e l’azienda di maggiori dimensioni. L’Umbria con 32.662 euro ad addetto è sotto alla media TUM. Rispetto alla dinamica dei prestiti alle imprese, considerando quelli al netto dei crediti in sofferenza, il quadro è ancora peggiore: in Umbria la flessione è del 21,1%. Le imprese con meno di 20 addetti sono le più penalizzate (quasi un terzo in meno)”.

La sintesi finale di Cestari: “Per le micro imprese, in Umbria, possiamo parlare di 76.585 aziende attive (95,4%), mentre gli addetti sono 119.421 (52%). Il valore aggiunto è di 3,2 miliardi di euro (38,3%), le assunzioni previste sono 20.680 (42%)”.

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