Bravi (Ires Cgil Umbria): “Peggiorata la qualità del lavoro”

Secondo una recentissima ricerca della Fondazione Di Vittorio, svolta a livello nazionale, il disagio legato al lavoro passa dal 16% del 2007 al 22,5% del 2017 in Umbria. Sono considerate in una condizione di disagio quelle persone che svolgono un lavoro temporaneo e a tempo parziale in modo del tutto involontario. In questa condizione si trovano (secondo una nostra elaborazione come Ires Cgil dell’Umbria) ben 59.160 persone. Questo dato dimostra che per capire i processi profondi che sono in atto, non basta rimanere alla superficie data solo dagli ingressi e dalle uscite dal mondo del lavoro. E’ necessario verificarne anche la qualità.

Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria, continua: “E i dati in nostro possesso e lo stesso studio della Fondazione Di Vittorio dimostrano che siamo di fronte ad un consistente peggioramento qualitativo dei rapporti di lavoro, in Italia e in Umbria. Questo spiega il dato Istat sull’impoverimento della nostra regione e l’emergere sempre più consistente dei cosiddetti “lavoratori poveri” (working poors). A ulteriore conferma di questa valutazione c’è il dato (sempre presente nello studio della Fondazione Di Vittorio) relativo alla classifica dei redditi (2016) dei lavoratori dipendenti, che vede Perugia a quota 19.209 di media annua rispetto alla media nazionale pari a 21.719 (-12,5%)”.

Bravi aggiunge: “Drammatica, all’interno del quadro generale, è poi la condizione dei giovani umbri. Infatti, nella fascia d’età (25-34 anni) il tasso di disoccupazione è pari al 15,3%, e il tasso di inattività è del 20,2% (quindi il 35,5% dei giovani umbri tra i 25 e i 34 anni è fuori da qualsiasi processo produttivo), mentre i neet (giovani che non studiano, né lavorano) sono 21.800 unità. Se a questi dati aggiungiamo l’ultima elaborazione Istat (relativa al 1^ trimestre 2018) che parla di 43 mila disoccupati nella nostra regione, abbiamo di fronte a noi una situazione pesantissima che tocca oltre 100 mila persone (59.160 che vivono una condizione di disagio occupazionale e 43 mila disoccupati). Questi numeri, dietro i quali si celano condizioni umane pesantissime, dimostrano che, finita la politica degli incentivi alle imprese, crollano i tempi indeterminati, aumenta la disoccupazione e soprattutto peggiora la qualità del lavoro. È evidente che non si può costruire il futuro dell’Umbria e del paese sul lavoro povero e precario. E siamo convinti che non bastino interventi “spot” e di corto respiro”.

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