Umbria e crisi: Cna Umbria, serve nuovo patto per l’innovazione e la giustizia sociale

E’ stata presentata questa mattina una ricerca, condotta da Cna Umbria in collaborazione con il centro studi Sintesi, sugli ultimi 10 anni di crisi nella regione. A commentare i dati il presidente di Cna Umbria, Renato Cesca: “Serve un patto per l’innovazione e la giustizia sociale in Umbria perché, se è vero che la ripresa è in atto, per tornare ai livelli pre crisi ci vorranno anni. Troppi, se pensiamo che in gioco c’è la tenuta sociale della regione”.

La crudezza dei numeri non lascia spazio a dubbi: “Ci dicono che è il momento di provare a riannodare i fili di una società completamente trasformata, cercando di creare un nuovo senso di comunità, un primo passo per ridefinire una nuova identità della nostra regione quale passaggio imprescindibile per creare un nuovo modello di sviluppo. Ecco perché secondo noi occorre un patto per l’innovazione e la giustizia sociale in Umbria, puntando sull’innovazione delle imprese, sulle competenze professionali, sulle infrastrutture, creando opportunità per i giovani e portando avanti la lotta alle povertà, perché le eccessive diseguaglianza possono facilmente trasformarsi in ingiustizie sociali”.

Ancora Cesca: “Non tutti i problemi si possono risolvere a livello locale, ma molto spesso le soluzioni arrivano dal territorio, partendo dal basso, dai problemi reali delle imprese, dei lavoratori, dei giovani e delle famiglie”.

La ricerca è stata illustrata da Alberto Cestari, del centro studi Sintesi. Negli ultimi dieci anni l’Umbria ha perso il 14,6% del PIL, il 35% degli investimenti e l’8% dei consumi. Sul fronte occupazionale si devono recuperare ancora circa 7mila posti di lavoro, anche se la disoccupazione è aumentata di oltre 24mila unità essendosi aggiunte le persone in cerca di lavoro, soprattutto donne. “Tuttavia, i dati alla fine del 2014 erano molto peggiori. A partire dal 2015 l’economia è tornata a crescere, il Pil è aumentato del 3,2% in due anni, l’occupazione ha ripreso a salire, soprattutto lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, il cui numero complessivo è tornato ai livello del 2007. Riduzioni sensibili si sono registrate invece tra gli occupati a tempo determinato, soprattutto tra i lavoratori autonomi. Ciò che preoccupa di più è che, negli anni della crisi, l’Umbria ha perso più della media nazionale e ora cresce meno dell’Italia”.

Guardando alle imprese, si sono perse 3 mila unità: dalle 83 mila del 2017 siamo passati a 80 mila. In particolare, sono diminuite quella manifatturiere, delle costruzioni e dei trasporti. Sono aumentate sensibilmente quelle che operano nei servizi tradizionali e innovativi. A soffrire maggiormente è stato l’artigianato, anche se in termini percentuali le imprese di grandi dimensioni sono diminuite maggiormente, con una riduzione del 6,8%. Le micro e le piccole imprese continuano a rappresentare il 95,4% dell’economia umbra.

E’ cresciuto il turismo, costantemente: +8%. Il che ha favorito l’aumento di imprese di alloggio e ristorazione. Bene pure le esportazioni: +38%, in particolare nei settori made in Italy (meccanica, agroalimentare, moda e arredo casa).

Roberto Giannangeli, direttore di Cna Umbria, ha chiuso: “Nell’economia del futuro la differenza la faranno i saperi e l’innovazione, che non dipendono dalla dimensione d’impresa, ma dalla qualità delle persone che vi lavorano. Ecco perché secondo noi si deve puntare sulle piccole imprese”.

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