I mutui a tasso fisso scendono ancora

L’Eurirs, uno dei parametri fondamentali che determina il costo dei mutui a tasso fisso, è crollato allo 0,75. Secondo l’ABI, il tasso medio che praticano le banche italiane per mutui sulle case ha toccato il suo minimo storico a 2,25%. Con una serie di conseguenze facilmente prevedibili, sia per i clienti, che scelgono maggiormente il tasso fisso rispetto a quello variabile, sia per il mercato immobiliare che tira finalmente una boccata d’ossigeno (già in atto in realtà dal 2015).

Il “Corriere Economia” però ha voluto indagare più a fondo la differenza tra mutui a tasso fisso e variabile, comparando le condizioni praticate da 21 istituti bancari. Senza riportare una classifica delle banche più vantaggiose per il cliente (che ha sempre dalla sua un margine di contrattazione legato a situazioni personali), questi sono i dati estrapolati: il tasso fisso è in media del 2,39% contro il variabile che è all’1,36%. La spesa media risulta essere, per un mutuo ventennale da 120.000 euro, 630 euro al mese per il fisso e 571 euro per il variabile. In vent’anni, calcola il “Corriere” la differenza è di 11.371 euro.

Perché allora molte persone scelgono oggi un mutuo a tasso fisso? La ragione è facilmente intuibile; i costi di cui sopra sono legati alla situazione attuale, che ha portato il tasso fisso a un minimo storico. Il tasso variabile invece è legato al costo del denaro e l’Euribor (indice utilizzato per il tasso variabile) potrebbe da qui a due anni o più schizzare verso l’alto, portando la rata al di sopra di quella del tasso fisso.

Molte famiglie, nell’incertezza della futura situazione economica, sono disposte a pagare di più oggi per non dover rischiare nulla nei prossimi quindici, vent’anni.

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