La Brexit colpirà anche il “made in Italy”

Non è facile prevedere cosa accadrà di preciso in Europa dopo che i cittadini della Gran Bretagna hanno deciso con il referendum del 23 giugno in favore della Brexit.

Al di là delle turbolenze dei mercati, della perdita di molti titoli (soprattutto i bancari) in Borsa, della caduta della sterlina e delle inevitabili difficoltà dell’euro, i timori riguardano anche i fatturati delle aziende che hanno rapporti commerciali con la Gran Bretagna.

Il primo pensiero è al “made in Italy”, una macrocategoria che racchiude tutti quei prodotti dell’eccellenza italiana che vengono esportati all’estero. Uno studio Sace (precedente al referendum) prevede una contrazione per il prossimo anno tra il 3% e il 7% per l’export italiano (nel caso avesse vinto il “Remain” ci sarebbe stata una crescita vicina all’8%), con una perdita compresa tra 600 e 1.700 milioni di euro.

Ad essere più colpiti dalla Brexit nei prossimi mesi non saranno tanto i prodotti alimentari di fascia alta, fiore all’occhiello della ristorazione italiana a Londra e in altre città inglesi, quanto i mezzi di trasporto e il comparto della meccanica, con fatturati maggiori rispetto all’agroalimentare.

C’è poi una questione di carattere più generale che di fatto riguarda da vicino tutte le aziende italiane, comprese le PMI: il ritorno dei dazi doganali. Anche se non si conoscono al momento i tempi e le modalità, secondo alcuni analisti il dazio medio sul valore esportato potrebbe aggirarsi intorno al 5%, il che vuol dire vanificare del tutto il vantaggio competitivo rispetto ai paesi extraeuropei. Con Brexit, in sostanza, l’Europa commerciale è destinata a fare molti passi indietro.

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