Il part-time conviene prima della pensione

Partirà ufficialmente il prossimo 20 maggio il part-time per la pensione, una possibilità per i lavoratori del settore privato, prossimi all’età del ritiro, prevista dalla legge di stabilità 208/2015.

Il ministro del Lavoro Poletti ha rivendicato la paternità della decisione, in un quadro di prossime modifiche al sistema delle pensioni e della contribuzione. Il primo periodo sarà una fase sperimentale, anche perché si vuole capire effettivamente quanti lavoratori siano interessati al part-time a poco tempo dalla pensione.

L’opzione è riservata al momento ai soli lavoratori che maturano l’età pensionabile entro il 2018. Per loro sarà possibile scegliere un part-time al 40% o al 60% del normale orario di lavoro (sempre full-time). In termini di stipendio mensile si perderà qualcosa, mentre i contributi saranno versati per intero, come se si lavorasse a tempo pieno.

Nel portale delle piccole e medie imprese (www-pmi.it) è riportata anche una simulazione della Fondazione studi consulenti del lavoro. Un lavoratore che guadagna 25.000 euro lordi all’anno, con un part-time al 60%, riceverà in busta 1.170 euro netti (anziché 1.456), mentre per un dirigente da 100.000 euro annui, il netto in busta sarà di 3.533 euro (anziché 4.376). Sono cifre ben superiori rispetto a un part-time ottenuto durante la propria carriera lavorativa, e non con questa speciale modalità.

Il lavoratore e l’azienda, una volta definito l’accordo, devono trasmettere il contratto modificato alla direzione territoriale del lavoro, che dà il via libera. A questo punto si invia la domanda all’Inps che a sua volta dovrebbe dare entro breve una risposta.

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