Il trasporto ancora su gomma, ma i valichi sono colli di bottiglia

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Nel trasporto merci per il 2024 non si prevede un progresso dello shift modale, resta alta la quota autotrasporto, pari al 51%. Tra le imprese dell’autotrasporto merci, raddoppia quasi la quota delle società di capitale passando dal 22% del 2018 al 30,2% nel 2023.

Le infrastrutture stradali disegnano due “Italie”: carenti al Sud, congestionate al Nord. Ma il Pnrr “dimentica” le infrastrutture stradali: 48% alla rete ferrovia, 23,6% all’alta velocità, 5,6% al progetto integrato dei porti, 0,5% alla digitalizzazione della logistica.

E i valichi alpini rappresentano di bottiglia: il 74,2% del trasporto è su gomma, solo il 27,2% su ferro.

Questi i dati principali che emergono dalle analisi e previsioni di traffico su trasporti e infrastrutture presentate
all’8° Forum Conftrasporto-Confcommercio.

Si stima che per le merci, tutte le modalità registreranno nel 2024 traffici superiori al 2019, al netto del mare che risentendo, ancora, del rallentamento dei traffici mondiali che seguono il PIL e il commercio su base planetaria, si attesterà su valori di poco inferiori.

Nel complesso, il traffico merci nel 2024 segnerà +3% sul 2019, in linea con la variazione cumulata del prodotto lordo. Il che dice tutto sul rapporto simbiotico tra crescita economica e movimentazione di merci.

L’andamento delle imprese

Buone notizie arrivano dalla demografia d’impresa: crescono le società di capitali, come nell’autotrasporto merci. I “padroncini” rimangono importanti, ma meno piccoli e più efficienti di una volta. Mentre le imprese attive nel settore si riducono, nel complesso, di oltre 9mila unità tra il 2018 e la prima parte del 2023, le società di capitali nell’autotrasporto crescono di 4mila unità, passando, in quota sul totale imprese di autotrasporto, dal 22% al 30,2%.

Un recupero, quello in atto nel mondo dei trasporti, che potrebbe preludere a una crescita del nostro Paese in termini di competitività, ma che rischia di infrangersi contro carenze e ritardi ormai insostenibili sul piano delle infrastrutture, come dimostrano i dati di Conftrasporto attraverso lo studio realizzato da Svimez.

Il Pnrr “dimentica” le strade

“I dati presentati evidenziano come sia urgente investire in infrastrutture, e mettono in luce il divario tra Sud, con un difetto strutturale di connessioni, e il Nord Italia, con un alto indice di saturazione, soprattutto in relazione ai valichi – ha dichiarato il presidente di Conftrasporto Pasquale Russo –. La situazione che emerge, ancora una volta, dimostra come sia stato sbagliato, nelle scelte compiute in passato, non aver finanziato le infrastrutture fisiche stradali. Per quanto riguarda il Pnrr, è positivo, necessario, aver previsto fondi significativi per la ferrovia , ma la mobilità delle merci e del Paese deve utilizzare il sistema infrastrutturale in maniera integrata: è controproducente aver lasciato autostrade e aeroporti fuori dalla programmazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Il 48% del Pnrr va infatti alla rete ferrovia, il 23,6% all’alta velocità, il 5,6% al progetto integrato dei porti, e solo lo 0,5% alla digitalizzazione della logistica. “Auspico si torni a investire per colmare il gap infrastrutturale al Sud, anche ad esempio attraverso la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ben poco è previsto inoltre sul piano della digitalizzazione, fondamentale leva per la sburocratizzazione e la velocizzazione degli scambi”, aggiunge Russo.

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