In dieci anni persi oltre 28mila negozi di abbigliamento: le sfide tra online, cambiamento climatico e culturale

Fismo Confesercenti

Il commercio di prossimità davanti alle sfide del cambiamento. Innescato dalla rivoluzione digitale, che ha modificato profondamente le modalità di conoscenza e approccio all’acquisto. Ma anche gli effetti del cambiamento climatico, che modificano la periodicità di alcuni consumi e vedono una sempre maggiore porzione degli acquirenti attenti ai temi della sostenibilità, dei prodotti e dei processi, al di là dei vincoli imposti, anche agli imprenditori, da nuove normative. E soprattutto il cambiamento culturale, favorito da quello tecnologico e ambientale, che sta modificando le abitudini dei consumatori.

Questi i temi su cui Fismo, la Federazione Italiana Settore Moda di Confesercenti, ha chiamato a confronto i propri associati, le istituzionali e docenti universitari del settore, in occasione del convegno nazionale che si è tenuto a Roma, dal titolo “Commercio di prossimità: settore moda. Innovazione, sostenibilità, identità e futuro”. Quattro parole d’ordine per cercare di delineare la direzione in cui sta andando il commercio al dettaglio e fornire agli imprenditori gli strumenti per orientarsi.

Commercio moda, i numeri della riduzione delle imprese

Per invertire una crisi del tradizionale modello di commercio di prossimità che è certificato dai numeri forniti dall’Ufficio economico di Confcommercio: in dieci anni il numero delle imprese del comparto modo è passato dalle oltre 121mila del 2013alle 92.500 attuali. Con le aperture di nuovi negozi di abbigliamento e calzature che nello stesso periodo risultano dimezzate, passando da 5.516 a 2.167.

I dati sui consumi

Una riduzione di imprese che ovviamente è stata determinata dall’andamento dei consumi. Su cui ha influito anche il clima: l’aumento delle temperature ha ridotto del 20% l’acquisto di capi autunnali. Contribuendo ad un calo stimato del 15,2% della spesa delle famiglie nel 2023 rispetto al periodo pre Covid.

Proprio la pandemia ha portato un cambio nelle abitudini di acquisto, favorendo le modalità online. Ma in generale i volumi delle vendite non hanno recuperato il crollo che si è registrato nel 2020. Nel 2022 la spesa per vestiario e calzature ha segnato un calo di 2,3 miliardi nel confronto con il 2019. Quest’anno si stima che le famiglie spenderanno in media 210 euro per l’abbigliamento rispetto ai livelli pre pandemia.

Aspetti che sono stati analizzati, nel corso del convegno, con il contributo di Laura Gobbi (professoressa di Scienze merceologiche del Dipartimento di Management dell’Università La Sapienza di Roma), e di Romana Andò (presidente del Corso di laurea magistrale in Fashion Studies dell’Università La Sapienza di Roma).

I nodi del commercio di prossimità

I nodi del commercio di prossimità, che hanno contribuito alla forte contrazione di imprese nel settore, sono stati ricordati, nella sua relazione, dal presidente nazionale di Fismo, Benny Campobasso: “Con un’Iva molto alta, una deregulation delle vendite promozionali dell’online e della grande distribuzione, i piccoli sono in difficoltà”. Di fronte a tutto questo Fismo Confesercenti chiede al Governo un’attenzione maggiore per i negozi di moda e accessori, anche per la funzione sociale e di tutela dei consumatori che garantiscono.

Campobasso ha quindi enunciato le richieste di Fismo: “Servono regole comuni per chiunque venda nel comparto. Un maggior controllo sull’abusivismo e sull’eccesso di promozioni, che sta distorcendo il mercato. Ed un regime fiscal agevolato per i piccoli negozi di vicinato, sotto i 400mila euro di fatturato”.

Campobasso è poi tornato a chiedere una diversa calendarizzazione dei saldi di fine stagione, battaglia che finora Fismo Confesercenti ha condotto in modo pressoché solitario: “E’ necessaria una revisione delle date di avvio dei saldi di fine stagione, perché in questo modo danneggiano le vendite natalizie”.

Online e formazione

L’online riduce, complessivamente, le vendite negli esercizi di prossimità: ogni 10 nuove vendite in rete, se ne perdono 3 nei negozi “fisici”. Al tempo stesso, però, la tecnologia offre la possibilità di ampliare “la vetrina” anche dei piccoli negozi.

Serve, dunque, favorire la digitalizzazione delle piccole imprese del commercio, anche usufruendo dei fondi del Pnrr. La vice presidente di Fismo, Francesca Recine, ha sottolineato come i commercianti in gran parte facciano uso delle tecnologie digitali. Con la formazione che, accanto a questo, deve riguardare anche aspetti pratici nella gestione di un esercizio, soprattutto per i neo imprenditori.

Un marchio per i negozi di qualità italiana

Di fronte alle nuove sfide culturali negli approcci del consumatore, Recine ha lanciato la proposta di un marchio, “che rappresenti e identifichi i negozi di qualità italiana”. Qualità che non è solo nel prodotto, ma anche nelle modalità di vendita, consulenza e assistenza garantita al cliente.

La risposta del Governo e delle Istituzioni

Istanze e richieste che i rappresentanti istituzionali hanno ascoltato e in larga parte condiviso. A cominciare dal rispetto delle regole per tutti gli operatori, anche quelli online, pur nella difficoltà di intervenire  solo a livello nazionale rispetto al contesto mondiale.

Il vice ministro del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, a questo proposito, ha auspicato che si possa concordare un intervento sovranazionale. Quanto alle dinamiche nazionali, l’obiettivo deve essere “far convivere online e offline”. Con il disegno di legge sul Made in Italy, ha ricordato Valentino, si vuole dare intanto una risposta ai problemi, tra gli altri, della contraffazione, colpendo non solo la vendita illegale, ma anche la produzione.

Quanto all’altra innovazione, “l’ondata della transizione ecologica”, l’invito agli imprenditori è quello di essere parte di questa transizione.

La volontà, ha detto il vice ministro, è quella di trovare un punto di incontro tra le grandi tendenze (che spesso superano, appunto, i confini nazionali) e le caratteristiche proprie del Made in Italy, anche nella vendita. “Perché – ha detto – non è Made in Italy solo ciò che si produce in Italia, ma anche come si fanno le cose e chi le fa. E’ questo che fa la differenza”.

Strumento importante nella lotta alla contraffazione è all’abusivismo è l’Anagrafe tributaria, come spiegato da Maurizio Casasco, presidente della Commissione bicamerale di vigilanza dell’Anagrafe tributaria. Per il quale il tema del sostegno agli esercizi di vicinato deve essere affrontato all’interno di un progetto che coniughi turismo e centri storici.

Cerasco si è impegnato a cercare di sensibilizzare le parti sociali sulla richiesta di rivedere la calendarizzazione dei saldi di fine stagione. Mentre sull’e-commerce è stato chiaro: “Il mondo non lo ferma. Bisogna cavalcare le opportunità del digitale con formazione e sviluppo di nuove politiche di marketing.

Un aspetto, questo, sottolineato anche dal direttore generale per il mercato, la concorrenza, la tutela del consumatore e la normativa tecnica del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Gianfrancesco Romeo, a cui il vice presidente di Confesercenti, Nino Gronchi, ha affidato le conclusioni.

 

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