Era atteso, tutti avevano valutato il maltempo in arrivo. Nessuno era stato in grado di stabilirne l’intensità: danni, dispersi, deceduti, un disastro. E comunque si è dimostrato il territorio toscano in questo caso, ma italiano in genere ad aver bisogno di una attenzione che non c’è mai stata. Ora si contano i danni, si guardano alle situazioni critiche che si sono generate a Prato e provincia, in Valdera, a Pistoia e nel Valdarno Inferiore.
La cronaca ha messo in luce ancora una volta la necessità di occuparsi delle sistemazioni idraulico-agrarie e forestali, per mettere a regime le acque superficiali, rallentare e regolare l’afflusso delle acque in pianura.
Si tratta di un problema che ha molte sfaccettature di carattere agronomico-forestale, geologico e di ingegneria idraulica. Non c’è altra strada per mitigare l’impatto degli eventi piovosi estremi se non quella di prendersi cura del territorio montano e collinare, oltre a realizzare casse di espansione in pianura.
«L’approccio progettuale interdisciplinare, il perfezionamento della capacità di allerta e intervento nell’emergenza, ma anche il coinvolgimento delle comunità sono strategie da perseguire con sempre maggiore impegno – commenta Lorenzo Vagaggini, presidente della Federazione degli Ordini dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Toscana – Siamo di fronte a una nuova epoca climatica e occorre mettere in campo tutte le strategie per prevenire fenomeni così violenti».
La Federazione esprime la sua solidarietà a quanti in queste ore hanno subito danni e perdite ed è impegnata, con le altre professioni tecniche e in collaborazione con gli Enti, nel difficile lavoro quotidiano di prevenzione e cura dell’ambiente e del territorio.
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