Italia e Umbria: contrordine, non ci sarà recessione

Anche se i dati ufficiali sono ancora incompleti, si può provare a stilare un breve bilancio di cosa ha rappresentato per l’Umbria il 2022, l’anno in cui l’impetuosa ripresa economica del post pandemia è stata progressivamente frenata da una serie di fattori che hanno compromesso il completo ritorno a una nuova normalità. A provare ad addentrarsi nell’analisi è l’Agenzia Umbria Ricerche.

La regione si era lasciata alle spalle un 2021 in cui il recupero era stato quasi sorprendente, in termini di Pil, reddito disponibile delle famiglie, spesa per consumi delle famiglie, occupazione: in ciascuna di queste grandezze l’Umbria si era caratterizzata per dinamiche tutte superiori a quelle nazionali.

Nonostante il rincaro eccezionale dei prezzi delle materie prime, soprattutto quelle energetiche, l’andamento positivo è proseguito anche nella prima parte del 2022, trainato dalla domanda interna: è continuata l’espansione dei consumi delle famiglie, compressi per lungo tempo dalle restrizioni sanitarie e sostenute dagli extra-risparmi passati, e sono continuati ad aumentare gli investimenti delle imprese.

Quanto alla domanda estera, i primi nove mesi dell’anno collocano l’Umbria tra le regioni con la migliore performance esportativa: con un +29,7 per cento rispetto al gennaio-settembre 2021, l’export umbro supera in dinamismo l’Italia, ferma al 21,2 per cento.

La domanda esterna ha continuato ad essere alimentata anche dal progressivo incremento dei flussi turistici, che hanno visto la regione toccare proprio nel periodo estivo-autunnale 2022 le punte massime di sempre.

E gli effetti sulle attività produttive si sono fatti sentire: il settore commercio, alberghi, pubblici esercizi, nei primi nove mesi dell’anno, ha incrementato gli occupati del 3,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (in controtendenza rispetto al calo registrato invece dalle altre attività di servizi).

Nel frattempo anche l’industria in senso stretto ha continuato ad ampliare la compagine lavorativa (con un +2,4 per cento in Umbria, appena sopra il 2,3 per cento nazionale) e, finalmente, è tornato a crescere il settore agricolo (+8,9 per cento, a fronte del -5,2 per cento italiano).

In controtendenza invece il settore delle costruzioni che, dopo i picchi eccezionali dell’anno precedente, nei primi nove mesi del 2022 ha registrato un calo dell’11,5 per cento.

Dal punto di vista del quadro demografico delle imprese, il 2022 si è caratterizzato per un peggioramento, in Umbria come in Italia: sono calate le iscrizioni (-5,4 per cento rispetto al 2021) e sono aumentate le cessazioni (+5,1 per cento), mantenendo comunque un saldo natimortalità positivo. E, pur in un quadro di aumento dello stock di quelle registrate, le imprese effettivamente in attività sono diminuite in un anno di 404 unità (-0,5 per cento, un calo leggermente inferiore a quello nazionale, pari allo 0,7 per cento). È cresciuto dunque il numero di operatori registrati ma che tengono in sospeso l’attività, presumibilmente anche per le difficoltà congiunturali che stanno penalizzando i margini di profitto delle imprese e per l’incertezza delle prospettive.

L’esito di queste dinamiche si può leggere in una crescita stimata per il Pil umbro al 2022 analoga a quella nazionale e pari a +3,9 per cento (Prometeia).

Venendo alla situazione attuale, si osserva una progressiva perdita di slancio della dinamica della ripresa che si prevede durerà per tutto il trimestre in corso; tuttavia l’interazione di alcuni elementi congiunti lascia supporre che già dalla primavera si potrebbero determinare effetti positivi.

In un contesto di elevata incertezza, vi sono alcune evidenze favorevoli: la flessione dei prezzi, soprattutto quelli energetici (quello del gas è passato dai 114 euro/mwh di dicembre 2022 ai 57 di gennaio 2023, comunque ben lontano dai 14 euro del 2019), la diminuzione delle pressioni inflazionistiche (dall’8,7 per cento nel 2022, quest’anno passerebbe al 6,5); e, non ultimo, i primi concreti effetti dell’attuazione degli investimenti pubblici collegati al PNRR.

I consumi delle famiglie dovrebbero risentire ancora dell’effetto trascinamento della forte espansione del 2022 ma cominceranno ad accusare i colpi derivanti da un generale deterioramento del clima di fiducia e dall’elevata inflazione che è stata particolarmente incisiva per le famiglie meno abbienti: il rallentamento dovrebbe collocare la crescita in Umbria a un livello analogo a quello nazionale (stimato in un range che va dal +0,4 per cento al +1,6 per cento).

In rallentamento pure la domanda estera.

Nonostante timidi segnali di ripresa della fiducia nelle imprese, si prevede che il peggioramento delle prospettive di domanda, l’incertezza della congiuntura, l’aumento dei costi di finanziamento connessi con la risalita dei tassi di interesse, soprattutto per le PMI, determineranno una frenata degli investimenti privati, più marcata nella regione che nella media del Paese.

In sintesi, le più recenti previsioni degli analisti ribaltano lo scenario di recessione prefigurato solo pochi mesi e collocano l’Italia in un sentiero di crescita debole ma comunque migliore di quello della Germania.

In un contesto nazionale che si stima possa realizzare nel 2023 una crescita del Pil compresa tra lo 0,4 (Prometeia) e lo 0,6 per cento (Banca d’Italia e Fondo monetario internazionale), l’Umbria risulterebbe allineata alla performance italiana, con un +0,3 per cento/+0,6 per cento (Prometeia/Ufficio Studi Confartigianato).

Secondo le recenti stime di Prometeia per il 2024 il Pil reale dell’Umbria aumenterebbe dello 0,8 per cento (0,9 per cento Italia). Dunque, si prevede ancora un allineamento dell’economia regionale con quella media nazionale.

In un contesto di rallentamento dell’economia globale, l’Umbria sembrerebbe riuscire a tenere il passo dell’Italia. Il rischio di recessione, che si paventava solo pochi mesi fa, in questo momento sembra scongiurato soprattutto grazie all’importante ruolo giocato dal PNRR: ricordiamo infatti che, in Umbria, l’effetto espansivo, stimato sulla base di determinate ipotesi, degli interventi previsti nella regione per l’anno in corso sul livello del Pil è quantificabile intorno a 0,8 punti percentuali rispetto al 2022.

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