I segni della siccità sul mais del Ferrarese

mais

La siccità ha lasciato segni nella raccolta del mais da granella, iniziata nel Ferrarese. Cia-Agricoltori Italiani Ferrara stima il calo produttivo per chi ha provveduto all’irrigazione al 10-15%. Ma le aziende agricole che non hanno potuto irrigare in maniera costante la contrazione produttiva arriva al 70%.

Spiega il socio Cia Ugo Pelosin, che tra Valle Pega e il Mezzano coltiva 200 ettari: “Nella mia azienda ho sperimentato quest’anno diversi approcci produttivi per tentare di affrontare la siccità straordinaria e devo dire che non solo la differenza tra mais irrigato e non irrigato è sostanziale, ma conta anche il tipo di irrigazione. Parlando di numeri: si va da una produzione di 45-50 quintali per ettaro dove non ho irrigato, a una di 130-150 quintali dove ho irrigato con la manichetta ad ala gocciolante in base all’umidità del terreno, un sistema che ha consentito le performance produttive migliori. In questa forbice ci sono anche ettari dove ho fatto solo un’irrigazione cosiddetta d’emergenza, quindi due o tre volte, e anche lì ci saranno dei cali che probabilmente rientreranno in quelli della media del territorio. Naturalmente irrigare è oneroso, soprattutto per il costo del gasolio e delle manichette in plastica, ma se il mais continuerà ad avere un prezzo vicino ai 40 euro credo che riusciremo a coprire i costi. Se dovesse, invece, tornare ai prezzi dell’anno scorso, che erano meno della metà, allora andremo in perdita. Come sempre è una scommessa, che peraltro non tutti possono permettersi, soprattutto le aziende più piccole e chi non ha avuto la possibilità di irrigare perché magari colpito dalla risalita del cuneo salino. Per molte aziende, dunque, il bilancio non potrà che essere negativo”.

Cia evidenzia poi che mais e soia non sono stati inclusi nelle deroghe della nuova Pac in vigore dal 1° gennaio 2023 – che sospendono l’obbligo della rotazione obbligatoria e della percentuale di terreni a riposo (set-aside) – per i cereali e i semi oleosi. “Comprendiamo – afferma Massimo Piva, vicepresidente di Cia Ferrara – che in Europa si cerchi di mediare tra esigenze alimentari e ambientali e che sia necessario destinare una maggiore superficie per le produzioni cerealicole. Ma non capiamo come mai il mais e soia debbano essere penalizzate, visto che svolgono una funzione importante non solo per uso zootecnico ma anche industriale e per l’alimentazione.

Negli ultimi anni la superficie di mais nel ferrarese ha subito una contrazione costante, anche per i problemi della coltura a livello di micotossine, ma se continuiamo su questa strada saremo costretti a importarlo totalmente. Basta pensare che, secondo i dati del dipartimento di Stato all’Agricoltura degli Usa (Usda) le importazioni di mais dell’Unione Europea sono state di 3,6 milioni di tonnellate, il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La soluzione non può essere l’abbandono della coltura o la produzione solo in territori vocati, ma occorre investire in ricerca scientifica per trovare varietà resistenti al clima siccitoso e alle alte temperature. L’alternativa è ridursi a importare il mais da paesi dove gli Ogm sono consentiti, a discapito delle filiere di qualità, come quella del Parmigiano o dei Prosciutti Dop, e di tutti i consumatori”.

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