Energia e materie prime, centinaia di laboratori alimentari rischiano di chiudere

pane

I costi alle stelle per energia e materie prime rischiano di portare alla chiusura centinaia tra le 7.900 laboratori alimentari della Sardegna. Panificatori, pastai birrifici, caseari, cioccolatieri, gelatieri, pasticceri, lavorazione carni, molitori e ristorazione, la cui condizione economica e di produzione è fortemente legata all’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia. A luglio si stima che le bollette per elettricità e gas aumenteranno del 55% e i costi delle materie prime, in alcuni casi, anche dell’85%.

Rincari, quelli di luglio, che ovviamente si aggiungono a quelli già registrati da inizio anno. Una situazione che rischia di mettere in ginocchio un settore che, nell’isola, dà lavoro a 20mila addetti.

Gli aumenti in bolletta

Una situazione insostenibile, come spiega Marco Rau, delegato regionale alimentazione Confartigianato Sardegna. Per fare un esempio, se si prendono i consumi di una azienda che impiega circa 10.000 kWh in un mese, se sulla competenza di giugno (fattura ricevuta a metà/fine luglio) ha sostenuto un costo di 2.700 euro come spesa pura di vendita (senza comprendere le perdite di rete, il dispacciamento, le spese di trasporto, le spese per oneri, e le imposte), sui medesimi consumi è presumibile che a luglio (fattura che riceverà a metà/fine agosto) andrà a spendere 4.200/4.300 euro.

Rincari materie prime e prezzi dei prodotti

A questo, ovviamente, va aggiunto, un aumento continuo dei prezzi delle materie prime: farina (+85%), burro (80%), olio girasole (40%), marmellate e cioccolato (+20%). Con il rischio ulteriore che a partire dai prodotti alimentari si scateni ulteriormente l’inflazione.

“Da ogni angolo della Sardegna – racconta Rau – riceviamo telefonate disperate di tanti colleghi artigiani e non dell’alimentare che hanno difficoltà a
mantenere gli attuali livelli occupazionali. Non possono infatti scaricare tutti questi aumenti sul prezzo del prodotto finito. Che sia pane, pasta, dolciumi ma anche salumi, formaggi, conserve, birra. Ormai lavoriamo tra mille difficoltà per contenere i costi e non gravare sul consumatore e quindi mantenere il rapporto con i clienti”.

I rischi dopo la ripresa post Covid

“Il caro energia ci ha già messo in ginocchio – rimarca Rau – ci sono centinaia di imprese a rischio chiusura. La situazione è grave e all’orizzonte c’è un autunno davvero difficile. L’intera filiera alimentare sarda, che offre lavoro a oltre 20 mila addetti, è veramente in grande difficoltà”.

Un colpo per un settore che in Sardegna stava uscendo bene dalla crisi innescata dal Covid. Con una riscoperta, da parte della clientela, dei prodotti alimentari locali, di qualità, fatti con materie prime garantite, made in Sardegna e made in Italy, certificate. In futuro, il cliente medio, di fronte all’aumento dei prezzi, potrebbe essere costretto a rinunciare ai prodotti di qualità.

Prezzi calmierati

“In tutto ciò – denuncia ancora Rau – si trova in difficoltà anche chi, nei mesi precedenti, ha investito in tecnologie innovative nella propria azienda o ha
comprato nuove strutture sfruttando gli incentivi della legge 949, perché i calcoli, fatti mesi addietro, su cui si basavano quegli investimenti, oggi sono completamente diversi. Insomma, chi ha investito ieri, oggi non è più certo che quell’investimento sia finanziariamente sostenibile. In più, se all’energia autoprodotta dal fotovoltaico lo Stato impone il ‘prezzo equo’, la stessa condizione ‘calmieratrice’ potrebbe imporla per il gas sotto forma di ‘tetto massimo’, evitando così alle imprese le speculazioni di questi mesi. Infine, speriamo presto che si attui una riforma del costo dell’energia e del gas che porti a una stabilità dei prezzi: l’instabilità infatti, sta creando, e creerà in futuro, grosse incertezze sia nei produttori, sia in tutti coloro che dovranno fare degli investimenti”.

Le proposte di Confartigianato Sardegna

Confartigianato Sardegna attende due soluzioni per calmierare i prezzi. La prima è l’aumento dei ristori per le bollette, rendendole meno pesanti sulle aziende. La seconda è legata al DL Aiuti che, come anticipato dal ministro Brunetta, potrebbe contenere l’azzeramento del 4% di Iva che grava sui prodotti legati all’alimentazione.

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