Matteo Bartolini, Cia Umbria: “Peste suina, agire in fretta e in deroga per sei mesi”

Matteo Bartolini, CIa Umbria

“Siamo nel mezzo di una tempesta perfettissima che rischia di fare saltare tutto”. Matteo Bartolini, presidente di Cia Umbria, è preoccupato ed elenca quali sono i problemi: “Siamo in mezzo al caos tra siccità, peste suina, rincari dei prezzi dei mezzi tecnici, del gasolio e dei fertilizzanti. Noi, come Cia, cerchiamo di fare proposte e trovare soluzioni”.

Si parte dalla peste suina, l’argomento che purtroppo è fortemente d’attualità e che è arrivato ai confini dell’Umbria: “L’assessore regionale, già anni fa, aveva avviato delle attività per contenere il numero di cinghiali con l’apertura della caccia di selezione riducendo le ore che davano possibilità d’intervento agli agricoltori, da 48 a 4 ore. Aveva poi offerto la possibilità di utilizzare le gabbie per la cattura, con le Atc. Sono sicuramente primi elementi che mostrano la volontà di contenere la specie. Ma se tutto questo era buono e valido ante peste suina, oggi è chiaro che sono tutti interventi che richiedono del tempo e il tempo è una variabile non indifferente nel contenimento della peste suina. In Piemonte e in Liguria, trovati i primi casi, hanno chiesto di uccidere tutti gli animali. Così le piccole aziende non possono più fare allevamento e vedono che, fuori, non si fa l’abbattimento dei cinghiali. Io, agricoltore, devo uccidere il mio maiale, ma il cinghiale può continuare a scorrazzare e a fare danni. Da gennaio, quando è stato riscontrato il primo caso di cinghiale infetto, non ne è stato abbattuto neanche uno”.

Prosegue Bartolini: “La Regione Umbria adesso dice: per mettere in sicurezza la filiera del suino, la zootecnia umbra, faremo un bando per le recinzioni. Ma il cinghiale non resta fermo in attesa che esca il bando, i tempi non ci sono. Come Cia auspichiamo che da oggi, almeno per sei mesi, si tolgano paletti e si possa fare qualcosa in deroga alle procedure amministrative. Non dimentichiamo che se la peste suina dovesse arrivare in Umbria, ne risentirebbe anche il turismo visto che verrebbero bandite le passeggiate nel verde, e noi abbiamo diversi cammini come la via Francigena, il percorso di San Francesco. Dopo i due anni il covid, finisci per bloccare una fetta del turismo anche per il 2022. E’ prioritario oggi chiedere una deroga a tutti i livelli: Asl, Comuni, Comunità Montane. Mettiamo tre regole secche e puntuali sulle recinzioni, ma poi stop. C’è un altro problema che riguarda il cibo: Cina e altri Paesi potrebbero bloccare le importazioni del prosciutto di Norcia. Si potrebbe comunicare all’esterno che questo prosciutto proviene da un’area geografica dove non ci sono ancora stati casi di peste suina. Bisogna considerare anche la psiche del consumatore nella questione”.

Il tema è vario: “In Umbria ci sono 4 mila allevamenti, che significano 4 mila aziende, 4 mila famiglie che danno posti di lavoro; e poi ci sono le aziende di trasformazione, l’indotto. L’assessore regionale Coletto ha riferito che da ottobre 2021 a gennaio 2022, nell’ambito della sorveglianza attiva per l’attività venatoria, il 43 per cento dei cinghiali aveva l’epatite E. Non è quindi sono una questione di peste suina. Diventa un rischio per la salute umana. Il numero di cinghiali è fuori dal normale, serve estendere il calendario venatorio da 3 ad almeno 5-6 mesi per ridurne il numero a prescindere. Poi c’è l’emergenza peste suina per la quale bisogna agire in tempi strettissimi per evitare il propagarsi dei contagi”.

Come detto all’inizio, i problemi sul tavolo sono anche altri: “Per la siccità non si possono fare danze della pioggia, ma esistono tecniche e metodologie che in alcuni Paesi sono state messe in opera. Paesi dove il problema siccità esiste da 30 anni. Prendiamo Israele con la desalinizzazione dell’acqua o altri che con il Psr o altri fondi europei hanno costruito sistemi di irrigazione sotto terra. Non è solo una questione di piove o non piove, il cambiamento climatico ormai non è più cambiamento, si è stabilizzato, ci sono mesi in cui non piove e poi arrivano temporali che portano tanta acqua che il terreno non ce la fa ad assorbire. Pensando ai fondi strutturali che arriveranno nel periodo 2023-2027, possiamo pensare a piccoli laghi artificiali per raccogliere l’acqua. O a sistemi di irrigazione sotterranea o a goccia. Unire a questi strumenti, delle sensoristiche che ci dicono di quanta acqua c’è bisogno, che ci dicono se il terreno ne necessita, che comunicano con il satellite e sanno se sta per piovere e allora non attivi la risorsa idrica”.

Arriviamo al rincaro dei prezzi: “La globalizzazione ha evidenziamo le sue debolezze con il covid prima e la guerra poi. Dicono: bisognerebbe essere autonomi. Ma così facendo, se tutti fanno la stessa cosa, il Made in Italy a chi lo vendiamo? Questa cosa va vista in ottica europea: la sovranità alimentare deve essere in questo ambito. Seconda cosa: l’agricoltura per la questione semi e fertilizzanti è in mano a poche industrie sementiere e oggi, con la guerra, vediamo la speculazione della Russia sui fertilizzanti, nel trasferimento del grano o del girasole. Non dobbiamo certo pensare a una decrescita felice, ma a una crescita intelligente. Iniziare magari a valutare, con la ricerca, se si possono utilizzare i biofertilizzanti, staccandomi quindi da chi ha il petrolio. C’è anche la possibilità delle strumentazioni sensoristiche di cui abbiamo già parlato. Non deve diventare tutta biologica l’agricoltura, ma offrire quelli strumenti che aiutino l’agricoltore a sostituire quel prodotto chimico con quello naturale o a utilizzarne minori quantità. Prendiamo l’urea: il costo è schizzato. Siamo passati negli anni dal concime che arrivava dal letame dei maiali all’urea perché più economica. Oggi non è più così, potremmo dunque tornare a utilizzare parzialmente questo materiale”.

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