Interessanti le riflessioni del focus Aur ‘Vino e arte potenti attrattori’, da cui emerge la necessità di aumentare la sinergia tra vino, territorio, cultura e arte per rafforzare il legame identitario tra l’Umbria e la sua produzione vitivinicola. Non sono escluse dal dibattito le Strade del Vino, con le rinnovate esperienze che cerca il turista contemporaneo, e le nuove cantine, autentiche opere d’arte in alcuni casi. I vini possono essere ambasciatori di una terra e di uno stile di vita.
Nel dibattito si è inserito anche Fabio Fatichenti, Università degli Studi di Perugia. Che è partito ricordando come le zone di produzione Doc dell’Umbria siano praticamente tutte nella parte centrale e occidentale della regione. Non dovrebbe stupire, considerato che la parte appenninica – dunque la montagna – non offre condizioni ideali per l’attività vitivinicola. Ma se andiamo a vedere la situazione in Italia, scopriamo che sono molte le regioni dove vi sono aree oltre i 700 metri d’altitudine in cui si produce vino di qualità: Trentino Alto Adige e Val d’Aosta per esempio.
Dal 1987 è attivo anche il Cervim, Centro di ricerca, studi, salvaguardia, coordinamento e valorizzazione per la viticoltura montana, che ha proprio il compito di promuovere e salvaguardare la viticoltura eroica. In Umbria, però, la produzione si concentra in collina e in pianura. Eppure, in passato, la vite era coltivata nel Sellanese o nel Nursino-Valnerina, anche a 1000 metri d’altitudine. Non bisognerebbe dunque trascurare la fascia montana della regione. È vero che ci sarebbero rese più basse e costi di produzione elevati, ma il contraltare sarebbero positive ripercussioni sul piano ambientale (ripristino di terrazzamenti e recupero alla coltivazione di appezzamenti spesso inerpicati che farebbero da presidio idrogeologico e paesaggistico) e su quello culturale ed economico, con la valorizzazione della biodiversità e la creazione di nuove opportunità d’impresa.
E ancora: completamento dell’offerta gastronomica con produzioni e denominazioni vinicole strettamente connesse al contesto storico-territoriale appenninico. Le ‘vecchie’ alberate potrebbero essere recuperate in ottica ecomuseale. La Toscana si sta già muovendo con iniziative di questo tipo.