Non le manda certo a dire Giorgio Mencaroni, il rpesidnete della Camera di Commercio dell’Umbria, in una intervista televisiva durante la quale taglia con insolita crudezza tutti i nodi che affliggono la regione e che le impediscono di decollare: ” Occorrono retribuzioni dignitose per i lavoratori e l’unica strada per farlo è la riduzione del cuneo fiscale, che grava in maniera troppo pesante sulle buste paga. Una misura urgente, vista anche la ripresa dell’inflazione, che sta riducendo non poco il potere d’acquisto delle famiglie. Quanto alle dimissioni volontarie dal lavoro, aumentate in Umbria nel 2021, rispetto al 2019, del 20% (quasi un terzo delle cessazioni totali, mentre se si guarda al solo tempo indeterminato rappresentano il 73% delle cessazioni, contro il il 69% in Italia), si tratta di un fenomeno che va approfondito, per capirlo e per trovare le giuste soluzioni.
Le analisi finora fatte, infatti, forniscono più dubbi che certezze sulle cause che sono all’origine di questo fenomeno nuovo e sul perché colpisca in modo così pesante l’Umbria. C’è chi addossa la responsabilità al Reddito di cittadinanza, ma il RDC problemi li può creare semmai sul fronte degli inoccupati, che sono meno stimolati a cercarsi un lavoro, ma incide molto meno sulla decisione di licenziarsi.
In questo contesto c’è poi la crescente difficoltà di molte imprese umbre a trovare il personale. Anche qui bisogna studiare le cause strutturali, perché spiegarlo solo con la minore offerta di lavoro con il Reddito di cittadinanza non convince, anche se il RDC può certamente contribuire ad alimentare il problema. E, ancora, sul tappeto abbiamo il fatto che l’Umbria è la prime regioni italiane quanto a laureati disoccupati, con uno spreco di intelligenze e competenze inaccettabile e che la regione paga caro.
Un complesso di situazioni che può alimentare il lavoro irregolare, fino al lavoro nero vero e proprio, perché una parte degli imprenditori, pur di avere manodopera, può essere tentata a percorrere questa strada. Che è una strada sbagliata e di corto respiro, che alla fine danneggia la trasparenza e la correttezza dell’economia, altera la concorrenza e per questa via riduce la produttività e il benessere, produce minori entrate per soddisfare i bisogni pubblici. Ma ci si deve anche rendere conto delle difficoltà dell’imprenditore, e i casi sono in netta crescita, costretto a ridurre la sua attività a causa della mancanza di personale e non sa più dove battere la testa”.
Sono i temi che il Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, tratta nell’appuntamento video “Il Punto del Presidente”, prodotto dall’Ente Camerale.
Il fenomeno delle dimissioni volontarie dal lavoro e il rischio di crescita del lavoro nero. Una valutazione sul Reddito di cittadinanza
“Uno dei temi più preoccupanti che si sono manifestati in Umbria negli ultimi tempi – esordisce Mencaroni – è sicuramente quello delle dimissioni volontarie di molti lavoratori, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato. È un numero talmente elevato che pone l’Umbria come una delle prime regioni su questo tema specifico sul piano nazionale. Abbiamo provato a valutare ed analizzare quali possano essere le cause e più soggetti hanno affrontato questo tema.Alcuni hanno sostenuto che potrebbe essere anche il reddito di cittadinanza che in parte ha portato all’abbandono di certi lavori. Ma io credo che il reddito di cittadinanza possa essere, diciamo imputato, per coloro che erano inoccupati, inoccupati e che con il reddito di cittadinanza non sono corsi a cercare un’occupazione che garantisse a loro un’occupazione stabile. E c’è l’altro fatto negativo –continua il Presidente Mencaroni – per cui c’è chi, oltre a ricevere il reddito di cittadinanza, percepisce denaro lavorando in nero. Ma per fare questo bisogna essere sempre in due, il lavoratore e il datore di lavoro, e qui si apre un altro capitolo che coinvolge, oltre alla questione delle dimissioni volontarie dal lavoro, anche la crescente difficoltà degli imprenditori a trovare personale”.
I settori più colpiti dal fenomeno delle dimissioni volontarie, alcune ipotesi di spiegazione
Quanto al fenomeno delle dimissioni volontarie, afferma Mencaroni, “il settore che ne ha risentito meno è quello dell’industria, mentre ne hanno risentito maggiormente altri settori come quelli dei servizi e dell’agricoltura. Ecco, su questi temi c’è da porre grande attenzione. Capire perché abbandonano il posto di lavoro, se per la bassa retribuzione o anche per altri motivi, e quindi vanno trovate nella nostra regione quelle condizioni che garantiscano stipendi migliori. Oppure ciò è dovuto agli effetti della pandemia da Covid, che ha portato a un’impostazione della vita che sicuramente è diversa rispetto a 2 o 3 anni fa; molta gente desidera avere di più i propri spazi, più libertà”.
Per Mencaroni, “nel terziario e nell’agricoltura ci sono più abbandoni perché è aumentato il desiderio di avere le festività o i weekend liberi, o avere la sera libera, mentre in alcuni settori molto lavoro si svolge in contesti, specialmente mei servizi, dove il festivo e il prefestivo sono giorni lavorativi normali, certamente pagati di più, fino al raddoppio, ma evidentemente i lavoratori non si sentono compensati per quello che è l’impegno e per quella che è la rinuncia che debbono fare, specialmente nei rapporti con la famiglia, Credo che questo sia un tema che debba essere in qualche modo affrontato o debba essere valutato, analizzato, perché ancora ne sappiamo troppo poco. E ciò vale soprattutto per l’Umbria, dove le retribuzioni sono, in media, più basse”.
Le imprese umbre in gravissima difficoltà
Il Presidente evidenzia che “ora le imprese, comunque, si trovano in gravissima difficoltà. E se certamente questo non giustifica i ricorso al lavoro nero, perché è una questione di rispetto verso i lavoratori, una questione di rispetto verso i colleghi imprenditori che svolgono la stessa attività ed è una questione di rispetto verso la comunità, a cui vengono sottratte risorse per soddisfare i bisogni pubblici, tuttavia riesco a comprendere le difficoltà quando un’impresa non riesce più ad espletare i propri servizi a causa di mancanza di personale e l’imprenditore non sa più dove sbattere la testa”.
Le famiglie taglieggiate dall’inflazione. Serve subito il taglio del cuneo fiscale sulle buste paga
Il tutto “in una situazione in cui le famiglie si vedono ridotto il proprio potere d’acquisto a causa dell’inflazione. Allora io credo che il Governo debba varare delle norme che aiutino i lavoratori, e quindi applicare un cuneo fiscale che vada quantomeno a beneficio dei lavoratori, cioè lasciare ai lavoratori una parte di quei contributi che oggi vanno all’Erario. La cifra la possiamo quantificare in 300-400 euro al mese per ogni lavoratore, così che essi e le loro famiglie possano vivere decorosamente e dignitosamente. Perché oggi, con salari che sono piuttosto contenuti, avere un gravame di spesa di 3mila euro l’anno, tra aumento dei costi energetici, dei trasporti e così via, significa che molte famiglie non potranno permettersi una vacanza, o uscire una sera, o aggiornare la propria abitazione, o assistere a uno spettacolo. Sono temi reali e urgenti da affrontare”.
Umbria tra le regioni con più laureati disoccupati
E c’è un altro tema. “L’Umbria è tra le prime regioni d’Italia in quanto a laureati disoccupati. Uno spreco di spreco, di intelligenze, di competenze, di valore economico, che la regione paga caro. Una situazione inaccettabile”.