Federico Rosati, filiera di cinghiali Umbria: “Etichetta con informazioni a 360 gradi”

Federico Rosati, filiera cinghiale Umbria

In Umbria esiste chi si occupa dell’intera filiera del cinghiale: è il Consorzio regionale operatori filiera carne dell’Umbria, nato 45 anni fa. Il coordinatore è Federico Rosati, che racconta: “Inizialmente facevamo da legante, ora mettiamo insieme tutti i partecipanti: dal centro lavorazione selvaggina ai cacciatori, ai laboratori di sezionamento. E inviamo anche il software ai mattatoi che rende la tracciabilità ottima”.

I numeri dei cinghiali nella regione sono importanti: 70-100 mila le presenze degli ungulati, purtroppo anche i danni sono seri: 300-400 mila euro circa per allevatori e agricoltori: “In riferimento alla Peste Suina Africana, c’è una situazione di allarme, ma al momento non ci sono pericoli effettivi. Per gli allevatori, se arrivasse in Umbria dopo Piemonte, Liguria e Lazio, sarebbe un disastro economico. Il nostro scopo è rendere la problematica dei danni un guadagno, sia per l’agricoltore sia per il consumatore. Vorremmo che fosse reso noto sull’etichetta tutto il tragitto che fa il cinghiale dall’abbattimento alla tavola”.

La Peste Suina Africana è nel Lazio, regione confinante con l’Umbria. Rosati dice: “Chi lavora nella norcineria è preoccupato. Se l’epidemia si dovesse allargare, diventeremmo tutti zona rossa e sarebbe un problema assurdo. Per l’essere umano non ci sono rischi, ma il danno economico sarebbe grosso. Cosa ne penso delle misure che hanno preso nel Lazio? La sorveglianza nei parchi va bene, ma non basta. Recitare i cassonetti è qualcosa di insignificante. Bisogna sensibilizzare la popolazione a non gettare i rifiuti fuori dai cassonetti, bisognerebbe limitare le uscite e gli ingressi degli animali dalle zone infette, si dovrebbero catturare attraverso le gabbie e procedere anche all’abbattimento. Si potrebbero elettrificare i recinti per bloccare il passaggio degli animali verso la zona infetta. La Regione Lazio deve mobiliare il prima possibile”.

I cinghiali, purtroppo, quando sono in numero grosso, creano problemi anche nei centri abitati e sulle strade, dove avvengono incidenti anche gravi: “In questo momento la cosa principale sarebbe limitare il discorso dei rifiuti; chiaro che i cinghiali, essendo in esubero di numero, si spostano alla ricerca di cibo. La cosa migliore è la caccia di selezione che serve anche per dare connotati maggiormente positivi al cacciatore, spesso visto male dagli animalisti. Ad aprile è arrivato il decreto per allungare la stagione venatoria per selezione e contenimento: al momento credo sia sufficiente. Dobbiamo far partire un sistema di filiera adeguato. Al momento sulle etichette c’è scritto semplicemente carne di selvaggina, cacciata in Umbria, con il nostro logo, il nome del punti vendita e la data in cui è stata lavorata. Noi vogliamo aggiungere anche il nome di chi l’ha cacciata”. E ancora: “Rendere una parte del denaro all’agricoltore per ridurre il danno, dare un sistema di tracciabilità per informare il consumatore a 360 gradi”.

Ci sono alcune iniziative da parte del Consorzio: “Faremo una conferenza stampa dove faremo vedere la filiera che è già partita, pubblicizzeremo, sensibilizzeremo la popolazione per far capire che è sbagliato prendere la carne di selvaggina che non sai da dove proviene. Successivamente, vorremmo creare un legame con stampa e tv per continuare a pubblicizzare questa filiera. C’è molta disinformazione sulla carne della selvaggina. Cercheremo anche accordi con il mondo della ristorazione e della distribuzione: vedremo chi salirà per primo su questo treno”.

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