Coldiretti Toscana contro gli aumenti del prezzo del mais

Continua l’ascesa inarrestabile dei costi di produzione degli allevamenti specializzati nella produzione di latte vaccino, i quali secondo l’indagine Crea registrano in media perdite di 47mila euro. La causa principale è il pauroso rincaro del prezzo del mais: di recente alla borsa merci di Chicago si è toccato il record decennale dalle quotazioni del mais, oltre 8 dollari per bushel. Le conseguenze sono drammatiche per le stalle italiane, come denuncia Coldiretti Toscana.

La Toscana, e così tutto il paese, è fortemente dipendente dall’estero da cui importa circa la metà del fabbisogno (47%) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti dove i ricavi per latte e carne non riescono più a coprire i costi. Quarant’anni fa, in Toscana gli agricoltori destinavano alla produzione di mais circa 150mila ettari, oggi sono meno di 10mila. “Il deficit nella produzione di mais, alla base dell’alimentazione degli animali delle aziende zootecniche, è stato progressivo ed inesorabile portando ad una riduzione del 31% in dieci anni” spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana.

L’Ucraina è uno dei principali paesi che fornisce mais e, vista la situazione di guerra attualmente in corso, i prezzi sono aumentati mettendo a rischio l’intero sistema zootecnico toscano. Le tensioni internazionali hanno aggravato ulteriormente lo stato di salute dei nostri allevamenti, già messo in crisi dall’aumento dei costi correnti di fattori produttivi essenziali come i mangimi i cui prezzi sono cresciuti del 90%. “Nel frattempo non si riesce ancora a trovare un accordo regionale per portare il prezzo del latte riconosciuto agli allevamenti ai livelli dei costi di produzione che sostengono effettivamente oggi. Trasformatori e grande distribuzione stanno discutendo da mesi sulla base di pochi centesimi che per gli allevamenti significa vivere o morire”.

La causa della dipendenza della Toscana e del Paese dall’estero per il mais, frumento, soia e girasole, è da ricercare nei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori e nei danni fatti dagli ungulati. “Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come previsto dalla nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Occorre poi investire per aumentare produzione, combattere la siccità e le incursioni della fauna selvatica”. Altra cosa da fare, secondo Filippi, è incentivare l’agrivoltaico sui tetti di stalle e fienili per ridurre la dipendenza dall’estero.

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