Peste Suina, Confagricoltura Piacenza: “copiare piano Ceco”

Giovanna Parmigiani, allevatrice suinicola e componente di giunta nazionale di Confagricoltura, ha sottolineato che le aziende suinicole sono chiamate a recintare gli allevamenti per innalzare il grado di biosicurezza. La Peste Suina infatti, la nuova epidemia che minaccia gli allevamenti, è più pericolosa che mai. Nei giorni scorsi si è rilevata una difformità nelle prescrizioni disposte dalle aziende sanitarie, a livello delle diverse regioni e persino a livello di province.

“Come Confagricoltura – sottolinea Parmigiani – abbiamo presentato richieste di chiarimento, ma non possiamo ritenere sufficiente la nota del Ministero della salute inviata alla Regione Emilia Romagna in cui si dice che si può evitare di costruire la recinzione lungo i muri se non ci sono aperture, visto che le finestre e le prese di areazione sono necessarie per garantire salubrità e corretta illuminazione dei locali”. Secondo Parmigiani le aziende sono obbligate a intervenire in una situazione non chiara, sostenendo spese enormi, quando per anni non si è proceduto a un efficace piano di depopolamento dei cinghiali.

Confagricoltura Piacenza torna inoltre a ribadire che la Repubblica Ceca è uno dei pochissimi stati europei che è riuscito a eradicare la Psa, coinvolgendo i cacciatori e applicando in tempi brevi delle misure chiare: il 21 giugno 2017 è stata trovata la prima carcassa, cinque giorni dopo è stata definita la zona infetta ed è imposto il divieto di caccia, è stata definita un’area a caccia intensiva, si è proceduto agli abbattimenti e a marzo 2018 sono state recuperate le ultime carcasse nella zona infetta. Nell’aprile 2019 il Paese è stato dichiarato libero dalla PSA.

“In Italia dobbiamo riuscire a fare altrettanto – propongono Parmigiani e Gasparini – e smetterla col dire che la situazione è sotto controllo, o ancor peggio che è risolvibile con prescrizioni in capo alle aziende, mentre gli allevamenti suinicoli sono sotto scacco con una spada di Damocle che è da un lato sanitaria, dall’altra commerciale e gli agricoltori vedono i raccolti devastati perché i cinghiali sono dello stato, ma i danni li pagano le imprese”.

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