Allarme cinghiali, Confagricoltura Piacenza vuole un cambio di rotta

Sono tante le aziende che non potranno più seminare mais a causa dei cinghiali. Tra queste quella del signor Claudio Orlandi dell’Azienda Agricola Castellina di Borgonovo, associata a Confagricoltura Piacenza, la cui disperata testimonianza dà la misura di quanto sia grave la situazione. Nel 2021 Orlandi ha dovuto riseminare per tre volte 23 ettari di mais, dei 25 aziendali dedicati alla coltura, per poi raccogliere quasi nulla con un danno alle coltivazioni che il perito ha stimato di almeno 45.000 Euro. La sua azienda produce latte con circa 320 capi e il mais di origine aziendale era un elemento fondamentale della razione.

“Dalle foto fatte con il drone sui miei campi si vede bene dove i cinghiali hanno mangiato la prima volta perché in quelle aree le piantine sono più basse, dove sono più alte ci sono dei buchi perché sono entrati successivamente, e infine una terza dove è rimasto il terreno nudo. Qualche danno è stato fatto anche con il trattore perché siamo dovuti entrare in campo cercando di non schiacciare le piantine già nate. Quest’anno ho seminato sorgo, una coltura di minor impegno, e ho messo a bilancio 50.000 Euro per acquistare il mangime che dovrà compensare la mancanza di mais aziendale. Con le quotazioni di mais e mangimi, speriamo che bastino”.

Non sono servite né le ronde notturne né i dissuasori, per battere i cinghiali. Capita anche che cuccioli di capriolo vengano falciati e inglobati nei balloni di fieno, contaminando il foraggio e rischiando di infettare la mandria. “Noi allevatori ci sentiamo davvero impotenti, da anni chiediamo l’eradicazione dei cinghiali nelle zone di collina e pianura dove i branchi di cinghiali sono diventati stanziali scambiando i nostri campi per il loro supermercato” dice Filippo Gasparini presidente di Confagricoltura Piacenza. Da quando è arrivata la Peste Suina gli abbattimenti sono sospesi, una situazione paradossale in cui gli indennizzi non sono assolutamente sufficienti.

“Paghiamo il conto salato di decenni in cui si è rimandata ogni assunzione di responsabilità, il sistema ha spesso avuto atteggiamenti di mal sopportazione nei confronti delle aziende agricole. In questi giorni drammatici, in cui le persone tornano a considerare la centralità del cibo, si invoca un cambio della Pac, ma noi lo stiamo dicendo da anni. Oggi gli agricoltori sono stremati nei campi, uccisi dalla mala burocrazia”, conclude amaramente Gasparini. Si auspica un cambio di rotta prima che sia tardi.

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