Creare un ponte o un dizionario comune che colleghi i mondi spesso distanti di adulto e adolescente e che consenta a genitori e insegnanti di tradurre e dare senso alle parole e ai comportamenti di quei giovani che hanno un travagliato mondo interiore. È questa la proposta di Raffaella Deamici, psicologa psicoterapeuta di Milano, che opera all’interno di uno studio privato ed è collaboratrice di Ats, Università e scuole superiori milanesi dove integra l’attività allo sportello d’ascolto psicologico con l’intervento all’interno delle classi.
«Il caso emblematico è costituito da quegli adulti che sui social denigrano e offendono i Måneskin e li considerano un cattivo esempio, da non seguire. Proprio a questi adulti mi piacerebbe poter tradurre il linguaggio della band, con i suoi gesti, i testi e le linguacce. Non tanto perché possano apprezzare i Måneskin a livello musicale o umano, ma perché riescano a comprendere che insultare questi quattro ragazzi equivale a denigrare un’intera generazione, in quanto i Måneskin rappresentano gli adolescenti di oggi: parlano della bolla nera che li inghiotte, li imprigiona, e cantano di amore, libertà, speranza e rinascita, ed incarnano perfettamente l’interiorità dell’adolescente, con le tante declinazioni di rabbia, tristezza, amore e desiderio di rivalsa. Loro ‘stanno’ sul finire dell’adolescenza, sono maturi anche emotivamente e vivono una condizione di consapevolezza di sé e di rivalsa per i soprusi subiti negli anni».
Soprusi e offese che, al contrario, possono generare in molti adolescenti non ancora strutturati un malessere interiore che può indurre depressione, rischio suicidario o atti di autolesionismo: «Nel momento in cui un adolescente sente di aver subito un torto, di essere sottovalutato, denigrato o non riconosciuto nei propri diritti, per sopravvivere a volte si difende mettendo in campo la rabbia, altre volte diventando triste, molto triste o drammaticamente triste. Ecco quindi che i Måneskin, cantando i propri pensieri per affermarsi o mostrando anche la loro nudità, giocando con il corpo come avviene nel periodo dell’adolescenza, spronano tanti giovani a sentirsi liberi di essere se stessi senza nessuna grave ripercussione, senza occhi troppo giudicanti, senza grandiose aspettative da parte degli adulti. I Måneskin in pratica gridano: puoi essere te stesso!».
Ma poi bisogna fare i conti con gli adulti, con cui l’adolescente non può essere sempre se stesso. «Con quegli adulti che, spesso senza esserne consapevoli, distruggono quel ponte oggi troppo fragile, quegli adulti che forse non conoscono l’adolescenza o non ricordano nemmeno la propria, quegli adulti che, offendendo i Måneskin, non sanno di far male agli adolescenti, creando ferite profonde e distruggendo quel fragile sé nascente. Ecco, mi piacerebbe poter dire a ogni adulto che se non trova simpatia per un Damiano o una Victoria basterebbe scrivere o dire “non mi piace, non è il mio genere”. Aggiungere mortificazioni significa andare oltre, ferire. L’adulto deve fermarsi perché il danno che provoca negli individui più fragili è pesante. Mi piacerebbe un’unione a livello mondiale che permetta di costruire un ponte forte, possente, che sappia reggere le fragilità di adolescenti e adulti, un ponte dove ci si possa incontrare senza dover offendere o ergere muri difensivi».
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