Secondo le stime della Confesercenti, l’impatto negativo dell’emergenza sanitaria, complici la crisi dei consumi e la crescita delle vendite online, ha messo a rischio di chiusura circa 70 mila attività commerciali nel solo anno in corso.
«L’emergenza sanitaria non ha causato soltanto la cessazione di molte attività, ma ha provocato anche un consequenziale aumento dei licenziamenti, alcuni anche illegittimi», esordisce l’avvocato Luigi Parenti, patrocinante in Cassazione e a capo di uno storico studio legale di Roma e di una sede a Milano, con attività di assistenza legale in ogni ambito del diritto, sia civile sia penale.
Il caso relativo al licenziamento di una donna per la cessazione di attività di un negozio di giocattoli è però emblematico. La lavoratrice, infatti, aveva impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, considerandolo infondato e dichiarando che alcuni colleghi erano comunque rimasti in servizio nel periodo successivo per terminare l’inventario.
Approdata all’attenzione della Corte di Cassazione, quindi, gli Ermellini hanno ritenuto legittimo il recesso datoriale, confermando di fatto quanto già stabilito dai giudici: «È importante ricordare, infine, – conclude l’avv. Parenti – che “nel quadro della libertà d’iniziativa economica riconosciuta dalla Costituzione” le ragioni dei licenziamenti dovuti a cessazione dell’attività non sono sindacabili».
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