Gender Gap: uno spiraglio dalla tampon tax e dalla proposta di legge

Esiste e resiste in Italia un forte divario di stipendio e di spesa tra uomo e donna. Ci sono però alcuni segnali che la situazione possa mutare: uno di questi è la prossima introduzione di un calmieramento della tampon tax, riducendo l’Iva sugli assorbenti.

L’Onf, ossia l’Osservatorio nazionale di Federconsumatori, ha deciso di rendere pubblico uno studio su questo gender cap italiano. Che vede la donna guadagnare mediamente il 10 per cento in meno dei colleghi maschi e spendere invece di più per acquistare prodotti prettamente femminili. La ricerca ha preso in esame 12 comparti di beni; sette di questi sono più cari per il genere femminile. Se però si guarda alle percentuali di divario, emerge che sono i prodotti per gli uomini, in parecchi casi, i più cari.

Federconsumatori consiglia di valutare il prodotto sulla base della qualità, del prezzo e della corrispondenza alle proprie esigenze, senza farsi sviare dal marketing. I dati che ora andremo a vedere impongono però una riflessione seria: bisogna contrastare il gender cap e la disoccupazione femminile. Per quel che riguarda il divario di stipendio, c’è una proposta di legge, approvata dalla Camera lo scorso 13 ottobre, che vuole favorire la parità salariale tra uomo e donna. Sarà il Senato ora a decidere.

Le donne, dunque, lavorano per la metà part-time, spesso obbligato dagli impegni in famiglia, dalla mancanza di servizi o dall’azienda. Secondo l’Istat, il 19,5 per cento delle donne che lavorano lo fa con part-time involontario. Un decennio fa, prima della crisi economica, eravamo fermi al 10 per cento. Il gender gap nel settore pubblico si ferma al 4,4 per cento, nel privato sale al 17,9 per cento: in nessun altro Paese europeo c’è questa grande distanza.

Tra i 15 e i 64 anni, lavora soltanto il 50,1 per cento delle donne contro il 68,7 per cento degli uomini. Al Sud scendiamo addirittura a una donna su tre, 64 per cento al Nord e 57 per cento al Centro. La pandemia ha fatto danni anche in questo senso. La differenza di reddito più forte la registriamo nei servizi finanziari, dove siamo al 20 per cento. Solo nell’edilizia e nelle utilities le donne guadagnano di più degli uomini. Secondo le rilevazioni del 2019, in busta paga gli uomini guadagnano di media 3.009 euro all’anno in più delle donne. Guardando al divario di stipendio uomo-donna per inquadramento, il livello più elevato è per gli impiegati (-9,54 per cento).

Pink tax o blue tax sono quei prodotti dedicati espressamente alle consumatrici, che vengono a costare di più di quelli dedicati agli uomini. Deodoranti e prodotti per il trattamento del viso, nelle versioni per donne, costano il 50 per cento in più, maggior prezzo per le scarpe sportive e i prodotti per la cura del corpo per gli uomini. Per i profumi torniamo al gender gap a sfavore del mondo femminile: quelli per donna costano il 29 per cento in più rispetto a quelli per uomo, a parità di quantità e marca. L’aliquota Iva sugli assorbenti è del 22 per cento, la stessa che viene applicata ai beni di lusso. In questo caso, dovrebbe venire introdotta nella prossima Legge di bilancio l’aliquota al 10 per cento.

Vediamo ora la proposta di legge per equiparare le retribuzioni maschili e femminili. Il decreto legislativo 198/2006, il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, all’articolo 46, prescrive alle aziende con più di 100 dipendenti di redigere un rapporto biennale sui vari aspetti inerenti alle pari opportunità sul luogo di lavoro, inclusa la retribuzione. Non è possibile però conoscere quali aziende abbiano redatto il rapporto e quali no, quali siano state sanzionate, né i dipendenti delle aziende hanno modo di accedervi per verificare eventuali discriminazioni. La proposta di legge si ispira ad altre normative in vigore in Paesi europei come Austria, Portogallo, Belgio e Spagna che fanno leva sulla reputazione delle aziende e sulla trasparenza nella comunicazione dei dati al fine di incentivare le aziende a ridurre le disparità di genere in campo lavorativo.

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