Studio Legale Associato De Nardo & Rossi, Roma: «Ecco la giusta prassi per una “buona” separazione»

Studio Legale Associato De Nardo & Rossi

Dalle stime dell’Associazione nazionale divorzisti italiani nel 2020 si è registrato un incremento di richieste di separazione del 60% circa rispetto agli anni precedenti, complici anche il lockdown e la convivenza forzata che hanno evidenziato le criticità in seno alla famiglia.

«Dal nostro osservatorio, rileviamo che in questi mesi c’è stata una crescita di litigiosità tra coniugi sfociata in una maggiore richiesta di separazioni. Poiché vi è un impatto su ogni ambito della vita, personale, sentimentale, economico e, più ampiamente, familiare, acuito dalla presenza di figli, l’intervento dell’avvocato risulta fondamentale affinché nella coppia si possa instaurare un rapporto civile nell’interesse di tutti», spiegano gli avvocati Roberto De Nardo, Enrico Rossi e Cristiana Fanelli, titolari dello Studio Legale Associato De Nardo & Rossi di Roma, storica realtà nata nel 1998 e specializzata nei vari ambiti del diritto civile e penale.

Una sorta di buona pratica della separazione, se così possiamo dire, c’è: «La separazione dei coniugi gestita “bene” può consentire di alleggerire episodi di ostilità che a volte sfociano in soprusi o vera e propria violenza – spiega De Nardo -. Non esiste il modo perfetto di separarsi, ma c’è un modo per separarsi “bene”. Separarsi presuppone, principalmente, sapere perfettamente a cosa si va incontro, quindi conoscere i diritti e i doveri propri e del coniuge. Fondamentale, quindi, affidarsi a un legale che spieghi, si confronti, esponga al cliente le leggi in vigore per renderlo edotto sulle normative e sulle possibilità. Ma il suo compito non finisce qui: l’avvocato dovrebbe esaminare con il proprio assistito anche tutti gli altri aspetti della relazione, non limitandosi a conoscere solo la sua condizione finanziaria, ma vagliando le vere criticità della coppia e della famiglia, il contesto sociale in cui vive, valutando quale sia il bene per tutti e quindi anche il modo in cui il cliente potrà interagire con l’ex coniuge senza ricadere in vecchie recriminazioni o nuove litigiosità nella gestione condivisa dei figli. Il vero interesse del cliente non va mai perso di vista, in caso contrario non si compie il proprio mestiere in maniera eticamente corretta».

La scelta del legale “giusto” spesso, però, non è così semplice e immediata.

«Il nostro consiglio a chi deve scegliere un legale è di richiedergli un incontro informale per conoscerlo – continua Rossi -. Nel nostro studio accogliamo il potenziale cliente affinché esponga il proprio caso, senza alcun impegno. Da parte nostra illustriamo come riteniamo opportuno procedere e alla fine dell’incontro è lui a decidere se andarsene oppure affidarci l’incarico perché ha ravvisato in noi, oltre alla professionalità, anche qualità di empatia e comprensione necessarie per cause così delicate. La prova certa di quello che sarà il risultato non si può fornire, ma sicuramente si ha la garanzia di essere nelle mani di professionisti che si occupino appieno della problematica e portino a termine un incarico».

La figura dell’avvocato è perciò mutata negli anni: il ruolo di consulente e consigliere è diventato sempre più preponderante: «L’avvocato dovrebbe sempre possedere doti di empatia e sensibilità verso gli assistiti – conclude Fanelli -. A questo proposito ci piace pensare che il nostro studio sia un po’ come una bottega artigianale dove non si applica un protocollo standard o una risposta tecnica partorita dal computer o da fredde leggi, ma si gestiscono gli interessi del cliente con attenzione, comprensione e soprattutto ascolto».

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