Assegno unico: Aur, la situazione in Italia e in Umbria

In Italia il primo figlio oggi si fa oltre i 32 anni, ed è il dato più alto dell’Unione europea. Le donne più giovani, italiane e straniere, aspettano di più di una volta. A volte decidono anche dal soprassedere di fare un figlio. Si riducono, poi, le donne in età tra i 30 e i 34 anni, dove avviene il maggiore numero di nascite, perché provengono dalle generazioni degli anni Ottanta, quando già si assottigliava il numero dei bebè.

Nel 2021, a causa anche della pandemia che ha causato incertezza sul futuro, il dato sulla fecondità dovrebbe calare ulteriormente. In Parlamento sono stati finalmente accolti alcuni suggerimenti dei demografi ed è stato partorito il provvedimento sull’assegno unico. È stato recepito a livello nazionale il Family Act, in ritardo rispetto agli altri Paesi europei (in Francia misure simili, in vigore da alcuni decenni, hanno permesso di mantenere la fecondità a 2 figli per coppia).

L’assegno unico e universale per i figli è destinato a tutti i figli fino a 21 anni, indipendentemente dalle caratteristiche familiari e professionali dei genitori. La misura sarebbe dovuta partire dal primo luglio, ma slitterà al 2022. Nel frattempo verrà erogato un assegno ponte, mantenendo le detrazioni familiari esistenti fino al 31 dicembre 2021. La Legge di bilancio ha stanziato ulteriori sei miliardi rispetto ai 14 già spesi per il sostegno ai figli a carico. Ma non bastano. Servirà, a regime, sciogliere il nodo sulle risorse. Lo dice l’Aur.

Vediamo ora anche com’è la situazione in Umbria, riferendosi al 2019. Le coppie sono 214 mila, di cui 124 mila (il 58 per cento) con figli. Più i monogenitori (34 mila circa), i nuclei interessati potenzialmente dalla nuova misura di sostegno sono 158 mila. Considerando solo i nuclei con prole fino ai 21 anni, possiamo affidarci ai dati Istat del 2019, che però riguardano l’intero territorio nazionale. In Italia, si calcola che le coppie con figli fino a 21 anni siano il 70 per cento del totale, l’incidenza dei genitori soli è solo del 47 per cento. Applicando tali stime all’Umbria, i beneficiari sarebbero 86-87 mila coppie più 15-16 mila monogenitori.

Altri dati che fanno riflettere. Il 48 per cento delle coppie ha un solo discendente, poco meno del 42 per cento arriva a due, poco più del 10 per cento tre o più figli. I monogenitori con figlio unico rappresentano il 69 per cento del totale, con due figli il 27 per cento, con tre e più il 4 per cento.

L’altro obiettivo fondamentale per la ripresa della fecondità è quello di incrementare la copertura territoriale e l’accessibilità a costi limitati dei servizi per l’infanzia. Secondo l’Istat, nell’anno 2018-2019 in Italia sono attivi 13.335 servizi per la prima infanzia per un totale di 355 mila posti, di cui oltre la metà gestiti dai Comuni. L’offerta totale comprende i tradizionali asili nido (81,5 per cento) e le sezioni primavera (10 per cento) – nuovo percorso verso la scuola materna per i bimbi tra i 2 e i 3 anni – oltre ai servizi integrativi (spazi gioco, centri per bimbi e genitori, prestazioni a casa), pari al 9 per cento.

Nonostante un miglioramento negli ultimi anni, la copertura dei posti rispetto ai bambini fino a due anni compiuti è del 25,5 per cento, al di sotto del parametro Ue del 33 per cento per poter sostenere la conciliazione tra vita familiare e lavoro. Ma se Nord-est e Centro sono appena sopra al target europeo, il Nord-ovest è quasi al 30 per cento, il Sud è solamente al 13,3 per cento e le Isole al 13,8 per cento. Costi del servizio e mancanza dei centri sono le cause di questi numeri del Mezzogiorno e delle Isole deludenti.

Il Centro Italia ha copertura pari al 33 per cento, con l’Umbria che si trova al primo posto con il 42,7 per cento, con molti servizi gestiti da privati. Bisogna continuare su questa strada per raggiungere presto il 50 per cento di copertura, ricorrendo anche alle risorse del Next Generation Eu.

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