Legge di contrasto al gioco: Piemonte, meno patologie, ma anche illegalità e disoccupati

In Consiglio regionale, in Piemonte, la settimana scorsa si sono tenute le audizioni relative al Ddl sul contrasto al gioco. Hanno sfilato la Caritas diocesana, la Società italiana tossicodipendenze e le Fondazioni antiusura. Successivamente, la Cgia di Mestre, l’Eurispes, i sindacati confederali, gli Ordini dei medici, degli psicologi e gli assistenti sociali.

La Cgia di Mestre, in particolare, ha portato dati precisi. Daniele Nicolai, ricercatore dell’ente mestrino, ha detto: “La minor raccolta proveniente dalle slot machine per effetto della legge 9/2016 ha determinato una riduzione del gettito per le casse piemontesi e importanti ricaduta occupazionali”. “Stimiamo una perdita annua per l’Erario di 163 milioni di euro, che sale a 200 milioni se si calcola anche il mancato gettito dovuto al minor fatturato per le aziende del settore. Nel periodo 2016-2019 si è avuto un pesante ridimensionamento dell’occupazione: con 1.700 addetti persi a causa del distanziometro, a cui vanno aggiunti altri 600 per l’incremento di tassazione del settore. In totale gli addetti passano da 4.850 del 2016 a 2.550 del 2019. Inoltre, se consideriamo le sala da gioco, ci sono 1.800 lavoratori la cui occupazione è messa in serio pericolo”.

Nicolai ha aggiunto: “Per quanto riguarda il gioco illecito, riscontriamo un aumento della irregolarità e una crescita esponenziale dell’imposta evasa nel periodo successivo all’entrata in vigore della legge: +181 per cento di soggetti verbalizzati, crescita del tasso di positività dei controlli e forte aumento degli apparecchi sequestrati”.

Le stesse preoccupazioni sono state espresse da Antonio Rinaudo, direttore Eurispes Piemonte e Val d’Aosta, che ha presentato i dati raccolti nel 2019 grazie alla ricerca ‘Gioco pubblico e dipendenza in Piemonte’. “Il nostro osservatorio giochi, legalità e patologie ha preso in esame gli effetti della legge 9/2016 che possono riassumersi in: offerta del gioco legale tagliata dell’80%, 5.200 posti di lavoro in meno, assist al gioco illegale, inefficacia degli strumenti per limitare il gioco patologico. Nell’attesa di verificare gli effetti della riapertura post Covid e del congelamento dell’occupazione, possiamo stimare che si siano persi 2.217 posti di lavoro tra il 2017 e il 2019, a cui ne vanno aggiunti 3.000 tra persi nel 2019 e a rischio nel 2021. Nonostante una forte riduzione delle slot machine, abbiamo calcolato che nel 2018 i volumi di gioco dei piemontesi sono aumentati: -148 milioni di euro per le slot, ma +186 milioni di euro per le videolottery”.

C’è poi uno studio realizzato in Puglia, citato da Rinaudo, a proposito dell’inefficacia del distanziometro: “L’11,3% dei giocatori problematici preferisce giocare lontano da casa, contro il 2,5% di quelli saltuari, e il 10,7% dei problematici ha una predilezione per gli esercizi che garantiscono maggior privacy, rispetto all’1,5% dei saltuari. Infine l’inefficacia del distanziometro si somma all’effetto di facilitare l’azione della criminalità organizzata: il rischio della crescita dell’illegalità non deve essere sottovalutato come offerta della compressione dell’offerta del gioco pubblico”.

I rappresentanti degli Ordini dei Medici, degli Psicologi e degli Assistenti sociali hanno invece parlato delle ricadute sanitaria e sociale del gioco d’azzardo, che coinvolge per anni non solo l’individuo malato, ma tutta la famiglia. La legge del 2016 ha prodotto buoni risultati: “Ridurre l’offerta di gioco è salutare, non si tratta di proibizionismo ma di regolazione. Diversi esercenti hanno detto di essersi sentiti sollevati dopo aver tolto le macchinette, anche se hanno avuto minori introiti. C’è stata una riduzione del 20% dei soggetti in cura per questa patologia, mentre la nuova proposta si fonda soltanto sulla comunicazione al pubblico sui rischi del gioco. L’impostazione è scorretta perché le persone vulnerabili sono quelle che meno rispondono alle campagne di prevenzione”.

Infine, è stata la volta dei sindacati di categoria Cisl, Cgil e Uil: “Prima di tutto è necessario avere dati certi sulle ricadute occupazionali della legge”, hanno sottolineato i sindacalisti, “i volumi di gioco sono diminuiti ma ci vuole un forte intervento di prevenzione verso le categorie fragili. Se è vero che l’occupazione si è ridotta, apriamo un tavolo con le organizzazioni di categoria con numeri certi e individuiamo gli strumenti di sostegno al reddito e riqualificazione del personale, prima dello sblocco dei licenziamenti”.

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