Dott. Gilberto Ballerini: «Intelligenza artificiale applicata agli apparecchi acustici: i più innovativi rispettano l’udito umano, sono smart e bluetooth»

Dott. Gilberto Ballerini - Audiomedical

Oggi l’evoluzione tecnologica nel settore audioprotesico ha fatto passi da gigante grazie anche ai massicci investimenti in un settore in costante crescita. Sono, infatti, 7,3 milioni gli Italiani che soffrono di ipoacusia, la perdita parziale dell’udito, e il ruolo dell’audioprotesista si fa sempre più centrale in un processo che è il crocevia tra cura della persona e tecnologie all’avanguardia.

Una realtà consolidata che si distingue per l’aggiornamento continuo sulle nuove tecnologie e sull’intelligenza artificiale applicata ai dispositivi acustici è Audiomedical di Pistoia, da 40 anni punto di riferimento per chi ha problemi di udito. Lo staff composto dal Dott. Gilberto Ballerini e dal Dott. Giuseppe Marazia, tecnici audioprotesisti, e da Elena Bernardini ed Elena Maltinti che si occupano dell’organizzazione e coordinamento dell’attività, è all’avanguardia anche per il ricorso alla tecnologia implementata negli apparecchi acustici, una disciplina sempre più innovativa che offre soluzioni performanti e smart. Oggi, infatti, la sfida tecnologica degli apparecchi acustici si gioca sul campo dell’intelligenza artificiale che ha un ruolo sempre più preponderante.

«Con la nuova generazione di protesi acustiche – spiega Ballerini – si ha la possibilità di personalizzare il suono e adattarlo alle esigenze della persona. Gli ultimi modelli permettono un approccio biologico che aspira a riportarci all’udito di quando eravamo bambini, quando sentivamo tutti i suoni e le voci, percependoli tutti indistintamente e contemporaneamente. Oggi, grazie all’intelligenza artificiale è possibile elaborare tutti i suoni presenti nell’ambiente in quel momento, mettendoli perfettamente a fuoco, distinguendo una voce dall’altra o da un rumore di fondo. Una bella differenza rispetto alla sola amplificazione del volume che, al contrario, non elabora il segnale e quindi non dà la possibilità di isolare la fonte».

Un’opportunità che offre tantissimi vantaggi a chi ha problemi di udito che, non dimentichiamo, è un problema sociale molto rilevante.

«Permettere alle persone deboli di udito di mantenere una buona capacità di comunicazione anche in ambienti rumorosi non migliora soltanto la loro qualità della vita, ma rappresenta un importantissimo fattore di salute. L’apparecchio più performante, grazie all’intelligenza artificiale, sarà sempre più in grado di adattarsi ai comportamenti umani e l’audioprotesista lo renderà fruibile e lo modellerà sulle esigenze del paziente. Il compito di questo professionista è di valutare il deficit uditivo della persona selezionando la soluzione più adatta per lo specifico problema, in base ad esami oggettivi e soggettivi e alla possibilità di personalizzare la protesi a partire dalla morfologia della perdita uditiva, dal suo stile di vita e dalle sue necessità di ascolto».

L’acquisto dell’apparecchio non deve prescindere da una presa in carico del problema da parte del paziente: anche l’apparecchio più performante va scelto partendo dalla valutazione del deficit e dalla funzionalità dell’apparecchio. Oggi, invece, nella scelta della protesi c’è la corsa verso l’apparecchio miniaturizzato, invisibile, quasi a voler celare un problema che non si accetta e per cui si prova una sorta di vergogna. Dato, questo ultimo, di cui il professionista deve avere il massimo rispetto per le notevoli implicazioni in termini di causa-effetto che può avere sul vissuto della persona che assiste per il suo problema di udito.

«In realtà, in molti casi l’apparecchio minuscolo che scompare nel condotto uditivo non è indicato in quanto ogni persona ha esigenze e problemi diversi che vanno trattati con strumenti differenti, ma il mercato spinge sul concetto di protesi poco visibile; questa comunicazione, che pone l’accento solo sulla dimensione, è a mio avviso sbagliata e deviante. Il professionista dell’udito non dovrebbe confondere la non accettazione del dispositivo esterno con la mancata accettazione del problema uditivo da parte del paziente (che lo vuole nascondere). Diverso è il caso di chi, potendolo fare, sceglie di usare protesi a scomparsa per motivi legati all’immagine – e non all’apparenza – pur avendo accettato pienamente il suo problema. L’aspetto estetico, insomma, deve essere valutato serenamente con l’audioprotesista di fiducia».

Oggi, disponiamo di apparecchi straordinari che consentono di correggere l’udito rispettando l’acustica naturale e ci permettono di rimanere connessi, tramite la tecnologia Bluetooth e quindi wireless, con gli altri device: «Indossando la protesi, ad esempio, si possono ricevere o fare telefonate con il cellulare, gestire la tv o ascoltare la musica. Preoccuparsi di portare una protesi pressoché invisibile, se non è adatta alle caratteristiche dell’udito residuo, quando il trend attuale ci vuole tutti possessori di auricolari e cuffiette visibili, spesso colorati o brandizzati, mi sembra un problema di poco conto. Bisognerebbe focalizzarsi maggiormente sulla funzionalità del dispositivo e soprattutto sul fatto che indossarlo non deve causare imbarazzo, ma deve essere una cosa normale, proprio come indossare un paio di occhiali».

In questo panorama, dove le innovazioni tecnologiche sono all’ordine del giorno, il dottor Ballerini conclude con un commento che racchiude un po’ il focus di questa professione e ci riporta a una dimensione più prettamente “umana”.

«In tutto il processo di riabilitazione e ripresa dell’udito, al di là del fondamentale supporto della tecnologia e dall’intelligenza artificiale, non dimentichiamoci il ruolo dell’audioprotesista e il suo compito di considerare l’uomo e i suoi bisogni. Va bene utilizzare la tecnologia, personalizzare le soluzioni, anche sul piano estetico, ma è necessario anche uno sguardo più ampio, perché correggere l’udito attiene soprattutto alla salute e alla prevenzione che non solo migliora la qualità della vita della persona, ma riduce lo sviluppo di patologie gravi come la demenza, per le quali l’ipoacusia costituisce un fattore di rischio».

SCOPRI DI PIÙ

Leggi anche Dott. Gilberto Ballerini di Audiomedical: «Apparecchi acustici sempre più smart a sostegno dell’ipoacusia».

Leggi l’approfondimento Ansa Audiomedical, Pistoia: «Apparecchi acustici: non sempre più piccolo è meglio»

Visita il Sito Audiomedical

 

Exit mobile version