Il Pnrr dell’Umbria: punti forti e punti critici

Tempi stretti per i Piani di ripresa e resilienza regionali, così come per quello nazionale, che dovranno essere conclusi entro il 2026. Non solo: devono rispondere alla necessità di riposizionare strategicamente il Paese e tutte le sue articolazioni territoriali. Come spiega Giuseppe Castellini per l’Aur, praticamente tutti i Pnrr regionali hanno deciso di agire su tre piani: interventi ordinari di potenziamento e miglioramento dell’esistente; interventi di rilancio della competitività; progetti caratterizzanti orizzontali e verticali.

In Umbria, emerge che ci sono territori più propensi e bravi a utilizzare le idee e a fare progetti rispetto ad altri che non lo sono o lo sono poco. Questi ultimi chiamano la Regione come supplente. Proprio la Regione ha fatto due scelte chiave. La prima è una politica organica dell’offerta, quindi l’analisi dei nodi strutturali del tessuto produttivo umbro e le offerte che da un lato mettono in campo opportunità alle attività produttive già esistenti e dall’altro puntano alla nascita di nuova imprenditorialità. Questo tramite una maggiore digitalizzazione e sostenibilità. Si segnalano in particolare gli interventi per rafforzare la liquidità delle imprese, anche attraverso l’uso di tecnologie digitali avanzate applicate alla finanza (il progetto Umbria Fintech Exchange) e con il rafforzamento della patrimonializzazione delle aziende. Tutti strumenti adatti alla presenza delle pmi in Umbria.

Vediamo ora i progetti ‘verticali’. La Sustainable Valley, alla base del piano di rilancio del polo chimico di Terni, che ha come obiettivo di creare uno dei primi poli industriali decarbonizzati e la specializzazione sulla bioeconomia circolare; il distretto dei nanomateriali, realizzato nell’area di crisi dell’ex Merloni, integrato con il network ternano; il Centro umbro di ricerca e innovazione, con la cittadella della scienza nel settore delle ‘scienze omiche’ e della medicina 4P. Un quarto progetto prevederebbe la costituzione di un distretto della grafica avanzata, con incubatore e Academy formativa, ma i pochi soldi a disposizione rendono complicata questa realizzazione.

Veniamo ai punti critici. Manca l’idea forte di un progetto caratterizzante di tipo B su Perugia. Il Piano umbro ha dunque una sua coerenza. Ingiustificate alcune critiche, come quella di essere poco attento all’apertura interregionale. Gli interventi del Piano hanno infatti un respiro interregionale. Castellini chiude il suo intervento sottolineando un punto: la necessità di riformare il sistema endoregionale umbro. Aiuterebbe il rilancio dell’Umbria e la capacità di fare sistema.

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