Futuro dell’Umbria: passa dalla crescita dei due centri urbani

Il Covid ha colpito in maniera diversa città e aree rurali. Ha reso meno ospitali le prime e più desiderabili le seconde, anche grazie alla possibilità di lavorare in smart working, al commercio online e alle tecnologie digitali. Centro Italia e Umbria, dove la caratteristica dei borghi è particolarmente spiccata, ora si devono interrogare sul futuro, questa diventa una delle questioni chiave per l’economia e la sua crescita.

L’Aur si pone direttamente la domanda: dov’è il futuro dell’Umbria (e del Centro Italia), nelle sue città o nei suoi borghi? La risposta può arrivare esaminando i Sistemi locali del lavoro (Sll), definiti dall’Istat nel censimento del 2011 e aggiornati successivamente, di Umbria e Centro (Toscana, Marche, Lazio e Abruzzo). Suddividendo i Sll in cinque classi dimensionali in base alla popolazione (0-10 mila, 10-50 mila, 50-100 mila, 100-500 mila, oltre 500 mila) e in quattro classi di densità, abbiamo venti combinazioni di popolazione e densità: dalle aree interne (scarsa popolazione e minima densità) fino a quelle metropolitane (molta popolazione e alta densità). Il risultato è che 14 Sll umbri sono concentrati nelle classi bassa e medio-bassa. Solo Assisi, Foligno, Terni e Perugia hanno densità medio-alta. La densità del Sll di Terni è simile a quella di Foligno, ma inferiore a quella di Assisi e Perugia. Però, solo i sistemi di Perugia e di Terni si collocano al di sopra dei 100 mila abitanti.

Guardando ai Sll maggiori (oltre 100 mila abitanti) del Centro, solamente l’Umbria non ha Sll né nella fascia più alta della popolazione né nella classe a più alta densità. I Sll più prossimi a quello di Terni, oltre a Perugia, sono Rieti e Viterbo. Nel Centro Italia, dunque, l’Umbria si colloca tra le zone con minore presenza di aree urbane. Se consideriamo infatti la quota di popolazione regionale dei Sll con più di 100 mila abitanti, Umbria e Marche hanno le quote più basse; ma se si considerano i Sll con più di 75 mila residenti, le Marche fanno un grande balzo in avanti, contrariamente all’Umbria.

Andiamo ora a esaminare il tasso di occupazione dal 2006 al 2019. I Sll maggiori, per gran parte del periodo, hanno tassi di occupazione più alti dei Sll minori, ma negli anni più recenti questo vantaggio si assottiglia fino a scomparire. Nella fase di ripresa, sono i Sll minori a esprimere una maggiore capacità di crescita. In Umbria, colpisce il divario molto ampio tra quello di Perugia e quello di Terni durante tutto il periodo. Il secondo è in uno stato di grande depressione. Il Sll di Perugia, invece, fa meglio anche dei Sll maggiori di tutto il Centro Italia. Eppure, anche nel Perugino, c’è stata una forte e prolungata contrazione. Il Sll di Terni fa peggio dei Sll umbri e pure dei Sll minori del Centro Italia, non mostrando per giunta segnali di ripresa.

Concludendo, tra le regioni del Centro Italia, l’Umbria soffre lo scarso peso della dimensione urbana. L’Umbria è area interna in tutto e per tutto, paga il non avere coste. Questa situazione è probabilmente il motivo principale del deficit di crescita umbro. Il futuro non può che passare dal rafforzamento e dalla valorizzazione dei due principali centri urbani, riducendone l’isolamento.

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