Pmi italiane: i rischi dovuti al covid

Quali sono i rischi per le piccole e medie imprese a causa del covid? L’analisi è di Gianluca Piredda, ceo della Piredda & Partners. Che parte dallo studio del Cerved 1, in seno alla settima edizione di Osservatorio Italia, che ha per l’appunto fotografato le condizioni delle pmi, cercando di intravvedere anche gli scenari futuri.

L’Italia è composta per la maggior parte da pmi, dunque anche a livello politico bisogna far sì che siano in grado non solo di sopravvivere, ma anche di evolversi diventando più competitive. Alla vigilia della pandemia, però, le piccole e medie imprese erano ancora in fase di ripresa dalle crisi economiche del 2008 e del 2011. Avevano resistito e si erano riprese, ma al prezzo di grandi sacrifici.

Dal 2008 al 2019, il fatturato è tornato ai livelli pre-crisi, ma solo dal punto di vista della redditività. Non solo: nel 2019 si erano impennati i fallimenti aziendali che, nel settore delle costruzioni e dei servizi, erano stati quasi doppi rispetto a dodici mesi prima. E poi è arrivato il covid che ha rigettato le imprese in una situazione di imprevedibilità, forse ancora peggiore di una crisi. Distanziamento e lockdown hanno colpito in maniera asimmetrica i vari settori, con impatto diverso. Nel report di Cerved questo emerge fortemente.

Fatturato in calo di 10 punti percentuali nel 2020, Mezzogiorno che annaspa, cinque settori pesantemente colpiti (trasporti, turismo, ristorazione, logistica e industria della moda). Sono 20 mila le piccole imprese che hanno avuto un calo di oltre il 25 per centro del fatturato, siamo al 20 per cento del totale delle pmi italiane. Il rischio di fallimento sale in maniera costante (nel 2019 era del 4,5%, a fine anno arriverà al 6%, registrando un +34%) anche a causa della mancanza di liquidità, solo tamponata dai ristori del Governo.

Nel 2020, a guardare il numero delle aziende fallite, sembrerebbe un anno di grazia, ma c’è l’inganno: ci sono infatti tribunali e uffici chiusi e improcedibilità di legge.

Il futuro? Piredda dice: “Mi auspico che con l’avvento del nuovo governo possano con velocità essere gestite le criticità attuali, attuando una politica di messa in sicurezza della piccola e media impresa italiana che non va abbandonata al suo destino facendo perno solo sugli ammortizzatori sociali, ma va aiutata tramite un sapiente uso dei fondi europei, che devono configurarsi come un debito “buono”, finalizzato a creare investimenti necessari a generare crescita. Puntare sui giovani, sulla digital capability, uno dei driver di crescita maggiori per il futuro delle aziende, sulla modifica e l’incremento delle infrastrutture affinché investendo in sostenibilità etica e ambientale possano rendere fattiva la transizione dell’economia da brown a green. Dal punto prettamente finanziario, è quindi importante, che si dia tempo alle imprese di ripagare il debito contratto in questi mesi, come sottolineato da più parti, ma anche e soprattutto di facilitare l’accesso al credito, con tassi bassi e
formule di stand still o pre-ammortamento iniziali, e più in generale di facilitare l’accesso ai mercati dei capitali, specie quello dei capitali di rischio, considerato la storica sottocapitalizzazione delle PMI italiane”.

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