Pasta pugliese: export cresce del 25 per cento

Cresce nei primi sei mesi del 2020, addirittura di un quarto (il 25 per cento), l’export della pasta italiana fatta in Puglia. Nello stesso tempo, però, aumentano anche le importazioni di grano canadese del 34 per cento nel secondo semestre del 2020. Lo fa sapere Coldiretti Puglia, sulla base dei dati Istat.

Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia, dice: “A crescere sono le esportazioni della pasta con un vero e proprio picco di richieste, associato all’aumento degli acquisti della pasta tricolore che utilizza solo grano nazionale per effetto dell’emergenza coronavirus che ha spinto i consumatori a privilegiare prodotti Made in Italy per sostenere l’occupazione e l’economia nazionale”.

Coldiretti ammette: “Il raccolto made in Italy, però, anche in Puglia subisce la concorrenza sleale delle importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese come il grano duro canadese trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole”.

L’associazione dei coltivatori diretti pugliesi poi prosegue: “Dopo il crollo delle importazioni registrato nel 2018, è stato inaccettabile il balzo delle importazioni di grano importato dal Canada, dove viene fatto un uso intensivo del diserbante ‘glifosato’ proprio nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato, uso che in Italia è vietato”. Infatti, “nel primo trimestre del 59 per cento e nel secondo del 34 per cento è aumentata la quantità di grano duro importato nel 2020 dal Canada con il quale l’Unione Europea ha siglato l’accordo di libero scambio Ceta”.

La Puglia è il primo produttore di grano duro in Italia, con 346.500 ettari coltivati e 9.900.000 di quintali prodotto. Il valore della filiera della pasta, nella regione, è pari a 542.000.000 euro. Paradossalmente, però, questa è anche la regione che ne importa di più, andando a rappresentare un quarto del totale degli arrivi di prodotti agroalimentari. Coldiretti lancia l’allarme: oltre alla perdita economica e di posti di lavoro, si aggiunge il rischio ambientale in un Paese che con l’ultima generazione ha perso oltre un quarto della terra coltivata per colpa dell’abbandono, della cementificazione e delle speculazioni che sottopagano i prodotti agricoli.

Il segnale positivo è l’aumentare di marchi e di linee che garantiscono l’origine italiana al 100 per cento del grano utilizzato. Da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Fabianelli, da Alce Nero a Rummo, da Antonio Amato a Voiello, da FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino a Barilla che proprio quest’anno ha annunciato di rinnovare la sua pasta classica con grani 100% italiani.

L’Italia è il Paese in cui si mangia più pasta, 23,5 chilometri a testa contro i 17 della Tunisia, i 12 del Venezuela, gli 11 della Grecia, o 9,4 del Cile, gli 8,8 degli Stati Uniti, gli 8,7 di Argentina e Turchia. Durante il lockdown, nel nostro Paese, c’è stato un aumento del 17 per cento degli acquisti di derivati dei cereali come la pasta (dati Ismea), ma si sono contemporaneamente azzerati i consumi nel settore della ristorazione. L’Italia è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta: l’Istat stima questa quantità in 1,23 milioni di ettari seminati nel 2020, +0,5 per cento, con una produzione intorno ai 4,1 miliardi di chili.

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