Fabio Candiotto: “Serve unità per un doppio punto esclamativo. Ripartire come imprese e come persone”

La ripartenza… cosa si sente di dirci su questa fase, così tanto attesa?

“Innanzitutto bisogna prenderla da un punto di vista psicologico. Ci sono stati problemi, è stato un momento molto difficile. Però c’è anche la possibilità di vederla come un’opportunità di ripartenza sotto tanti punti di vista, sia personale che imprenditoriale”.

Ritiene che i protocolli previsti per la ripartenza in sicurezza siano funzionali? Cosa suggerirebbe?

“Per i protocolli attivi al momento a livello ristorativo, sì. Servirebbero delle accortezze in più per i clienti a livello informativo. Noi, per esempio forniamo delle mascherine senza costi aggiuntivi a chi non ne è provvisto quando entra da noi”.

Quali timori ha?

“Mi preoccupa che ci sia un ritorno della malattia. Penso anche che quando le aziende, a livello industriale e non, avranno la possibilità di licenziare i propri dipendenti o una parte, ci sarà molta gente in giro senza soldi e senza lavoro. Mi fa paura una caduta sul lato economico”.

Quali progetti ha?

“Progetti ce ne sono tanti, sperando che lo Stato ci venga incontro con qualcosa di concreto. Nel mio ristorante, intanto, vorrei fare ampliamenti. Poi ritornare alle origini del posto realizzando l’orto ed una cicchetteria vecchio stampo, con cantina e tavoli. L’obiettivo è tornare con il proprio stile e carattere alle origini del contesto dove ci troviamo”.

Quali pensieri vorrebbe condividere con i suoi colleghi del settore?

“Purtroppo, al momento è una lotta tra ristoratori. C’è stato un momento in cui si è stati coalizzati perché non si ricevevano fondi e non ci davano possibilità di riaprire e quindi c’era lo “scendiamo in piazza”. In questo periodo noto che ognuno cerca di fare il suo gioco per accaparrarsi più gente possibile. Non c’è più quella solidarietà che ci dovrebbe essere dopo un periodo del genere. Consiglio di tornare un po’ più a noi come persone ed essere più uniti”.

Sentiamo dire “ce la faremo”: lei concluderebbe con un punto esclamativo o con quello interrogativo?

“Doppio esclamativo, sono molto positivo e propositivo. Bisogna tenere conto che quello che, esercenti e non, abbiamo passato ci deve insegnare a tenere qualcosina da parte di fronte ad altre possibilità simili, sperando che non ci siano”.

La sua speranza più luminosa per questa seconda parte del 2020?

“Che tutto torni alla normalità, senza mascherine, protezioni e quant’altro. Che tutto prenda un ritmo simile a prima con la consapevolezza, l’educazione e la tranquillità tra le persone”.

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